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FIRENZE – Chi soffre di incongruenza di genere affronta “percorsi molto dolorosi per i ragazzi e difficile anche per le famiglie. Al Centro di Careggi ci siamo sentiti accolti, seguiti con pazienza e professionalità. A due anni dall’inizio del percorso di cura psicologica, mio figlio a febbraio prossimo inizierà la terapia ormonale in prospettiva del cambio di sesso. Adesso è molto più sereno, tranquillo e consapevole, e anche noi come famiglia”.
A parlare a Novaradio è Antonella Rocchetto, madre di un ragazzo che soffre di “incongruenza di genere”, il forte disagio di chi sente di avere un’identità di genere diversa da quella di nascita: Liam, questo è il nuovo nome che ha scelto per la sua identità di genere, oggi ha 21 anni e da due è seguito dal CRIG, il Centro regionale per l’incongruenza di genere di Careggi. Centro che è finito al centro delle polemiche politiche dopo l’invio degli ispettori del Ministero della Salute, chiamati a verificare la presenza di adeguati percorsi psicologici e il corretto uso della triptorelina (farmaco che blocca lo sviluppo sessuale che viene somministrato a chi valuta un percorso di cambio di sesso). In attesa dell’esito della relazione degli ispettori, trapela l’intenzione di modificare le linee guida e perfino la normativa. Una prospettiva che nelle famiglie e nei pazienti, spiega Antonella, genera “preoccupazione e spavento” perché il Centro rappresenta un punto di riferimento per un’intera comunità: “Si è creata come una nuova famiglia” dice. Tanto che 180 persone nei giorni scorsi ha deciso di firmare una petizione in difesa del CRIG, dei medici che vi lavorano e dei pazienti che sono seguiti.
“Mio figlio da anni aveva un disagio con il proprio corpo – racconta Antonella – con me ha fatto tre diversi coming out: prima mi ha detto di sentirsi bisessuale, poi lesbica, poi ragazzo trans. Ha cercato innanzitutto di capirsi lui, poi di cambiare il proprio aspetto e poi piano piano è arrivato alla sua conclusione: già dentro di sé se lo sentiva, ma sentiva però è difficile per un ragazzo accettare di essere transgender”. Un momento non semplice da affrontare anche per la famiglia: “Per i genitori la paura c’è, la società è un po’ cattiva con queste persone. Ho la tranquillità che lui ha intrapreso un percorso in cui è stato super accolto, abbracciato da parte dei professionisti” del Centro di Careggi. “C’è una comprensione totale per questi ragazzi”. E anche per le famiglie, aggiunge: “E’ una transizione per lui ma anche per noi. Ho anche un figlio più piccolo, di 10 anni, ma per lui è stato quasi più semplice. Voleva solo sapere come chiamarlo, che fosse una sorella o fratello non importava: l’amore è amore”. E anche la scelta del “nuovo” nome è stata condivisa.
Al Centro di Careggi siamo arrivati tramite il medico di famiglia: “E’ due anni che andiamo a Careggi, per ora mio figlio ha seguito solo un percorso di tipo psicoterapico, che è aperto anche ai genitori”. Nessun farmaco è stato finora somministrato: “Né psicofarmaci né di altro genere: a febbraio avremo un incontro con l’endocrinologo, dovrà fare una serie di esami inizierà la terapia ormonale, ma sempre seguito dalla psicoterapia”. In prospettiva si valuta anche l’intervento chirurgico: “Inizierà con una mastectomia, poi vediamo cosa deciderà, ma sempre seguito dai medici del Centro”. “La nostra esperienza a Careggi è stata illuminante” sottolinea Antonella: “Come famiglia e come madre, il fatto che mio figlio sia seguito in questo modo mi mette più tranquillità e serenità. E mio figlio, dopo aver passato momenti brutti in cui non capivo cosa avesse e come aiutarlo, ora è più tranquillo, più sereno. Il fatto che ora accetti sé stesso e sia sereno, come mamma per me è la cosa più importante”.