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TOSCANA – La notizia è stata resa nota ieri, ma risale ai primi mesi dell’anno: per la prima volta in Toscana un paziente, affetto da un malattia grave ed irreversibile, ha avuto la possibilità di vedersi somministrato un farmaco letale per porre fine ad una condizione ritenuta non più sostenibile. Di lui si sa solo che è un 40enne di Piombino. La possibilità di ricorrere al suicidio assistito gli è stata accordata in base a quanto previsto dalla sentenza 242 del 2019 della Coste Costituzionale (la cosiddetta “sentenza Cappato”), che ha individuato quattro elementi necessari per il ricorso al suicidio assistito: piena consapevolezza del paziente, affetto da malattia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche non sopportabili, e tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.
La valutazione del caso, secondo quanto previsto dal protocollo messo a punto dalla Asl Toscana Nord Ovest, è passato dalla valutazione di due commissioni, prima di ricevere il via libera. L’acquisto dei farmaci e la predisposizione degli strumenti per la somministrazione, è stata pagata dalla famiglia del paziente, per un costo di poche centinaia di euro. Il medico ha seguito il paziente è Paolo Malacarne, fino a poco tempo fa primario dell’U.O. di Terapia Intensiva al Cisanello di Pisa: “Salvare le vite e aiutare questi pazienti a morire con dignità sono due facce della stessa medaglia” dice a Novaradio sottolineando come la Asl Toscana Nord Ovest sia l’unica delle tre ad aver predisposto un protocollo per applicare la sentenza 242/2019, e che perfino il fatto che si debba prevedere ad una cornice normativa regionale o nazionale sia tuttora tema di dibattito: “Serve una legge ‘gentile’ – suggerisce – che non entri a gamba tesa, ma che sappia prevedere le diverse tipologie di casi che si presentano e sappia proteggere la relazione di cura di cura e di fiducia che si instaura tra il medico, il paziente e i suoi familiari”.