La cantautrice italiana Marta Del Grandi ritorna con “Selva”, il suo lavoro più intricato e scintillante, una raffinata suite devozionale di pop astuto che scorre senza sforzo, unendo complessità emotiva, arrangiamenti organici divini con un finale fantascientifico.
Se il suo debutto ‘Until We Fossilize’ mostrava tutte le qualità dell’approccio unico di Marta, in punta di piedi tra la polvere di Laurel Canyon, l’eterealismo lynchiano e le drammatiche colonne sonore di Morricone, Selva scava più a fondo nel sottobosco, mostrando l’ambizione di creare un universo completamente nuovo, il suo ecosistema. , dove solo la forza della sua voce è il pilastro su cui costruire.
L’album si apre con “Mata Hari”, con Marta che chiede “la mia voce suona diversa”, una premonizione del ricco arazzo che ci aspetta, dove le canzoni scivolano su suggestivi passaggi sintetici, arricchiti da sezioni geometriche di fiati e ottoni (clarinetto basso, sassofono tenore, contrabbasso) che intrecciano il calore mediterraneo, il profumo di quercia, narcisi e rovi e la frizzante aurora boreale.
“Selva, nell’accezione di bosco, foresta, è una parola dal forte valore letterario, un topos, un luogo archetipico, scenario di miti e fiabe, dove è facile perdersi. Ho scoperto che selva ha anche un altro significato che si collega alla mia idea iniziale di serra: una grande quantità di elementi disparati, confusamente ammassati in un piccolo spazio e anche una grande quantità di pensieri, ricordi, riflessioni… Irregolarità, confusione.”
Selva è stato scritto principalmente in viaggio e a Berlino, poi quando è arrivato il momento di registrare Marta si è rivolta ai suoi vecchi luoghi infestati a Gent (Belgio). Coprodotte da Bert Vliegen – già al lavoro con Sophia, Whispering Sons – e con la partecipazione di un quartetto di musicisti che collaborano con Marta a partire dal 2015, le sessioni hanno dato vita a una raffica di idee creative e a una delle esperienze più rilassate di sempre per gli artisti, base perfetta per la sua crescita come cantautrice.
“Queste canzoni sono piuttosto personali rispetto a ciò che ho prodotto in passato. Questa volta volevo scavare più a fondo nella mia esperienza, scrivere come sento le cose e rivelare alcuni dei miei pensieri più profondi. Il disco parla di amore e amicizia, di sentirsi in conflitto e ossessionati, di essere desiderosi di sperimentare e di desiderare un posto dove stare in pace. In un certo senso parla anche della morte.”
Fasci di luce corale irradiano e permeano ogni traccia, con droni vocali stratificati che creano una collisione catartica di trame taglienti e morbide, quasi a guidarci mano nella mano attraverso l’universo incantato di Marta Del Grandi. L’ambizione è accecante e il risultato è qui per dimostrarlo: 12 canzoni di pop etereo e tentacolare, vivido, immenso e pienamente illuminato.
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