EMPOLI – Tra le principali novità del nuovo Piano regionale dei rifiuti adottato due giorni fa dal Consiglio Regione la scomparsa del “gassificatore di Terrafino”, l’impianto sperimentale che Alia aveva previsto di realizzare alle porte di Empoli per il trattamento di 192 mila tonnellate di rifiuti plastici e secchi (per la precisione CSS, Combustibile Solido Secondario), ma cui si sono opposti prima i residenti, e poi lo stesso Comune. Esulta il comitato “Trasparenza per Empoli”, tra i soggetti che hanno guidato la contro-mobilitazione, per lo scampato pericoli di un impianto che hanno sempre definito costoso, inutile e dannoso.
“Una soddisfazione limitata – precisa però a Novaradio Marco Cardone del Comitato – perché non ci si è espressi sulla validità sostenibilità del progetto, ma solo perché Alia non è riuscita a comprare i terreni. Nel Piano Regionale la stessa tecnologia di Empoli era prevista anche a Rosignano e Pontedera (256 mila tonnellate ciascuna). C’è un forte rischio che Alia voglia procedere con gli altri due impianti”. Impianti “spropositatamente sovradimensionati” rispetto alla produzione dei rifiuti: “Si va ben oltre l’autosufficienza sui rifiuti, è business che alimenterà un traffico di rifiuti molto pesante”. E smonta la ricostruzione della Regione per cui gli impianti servono a no esportare rifiuti altrove. “In un documento di Consiag che riporta dati ufficiali di Alia – spiega Cardone – si scrive da qui al 2030 il CSS prodotto nell’Ato Toscana Centro è previsto di circa 72 mila tonnellate, su 192 di capacità dell’impianto. E’ la stessa Monia Monni (assessora regionale all’ambiente, ndr) che dice che la Toscana è autosufficiente per i rifiuti urbani, tranne che per la componente umida. E per quello a breve entrerà in funzione l’impianto di Montespertoli”.
Più in generale, è l’intera partita della nuova impiantistica a preoccupare il comitato. “Dei 18 progetti in fase di realizzazione e autorizzazione, soltanto 4 riceveranno finanziamenti dal PNRR. Questo ci dice chiaramente quanto questo piano sia inadempiente rispetto ai principi di Economia Circolare sanciti dalla comunità Europea” segnala il comitato. E tra questi non ci sono i gassificatori “che la comunità Europea disincentiva concretamente e che graverebbero totalmente sulle bollette dei cittadini, mentre servirebbero impianti di differenziazione spinta e riciclo”. Ma perché insistere sull’economia dei rifiuti basati sulla “combustione”? “Perché rende molto di più dal punto di vista economico, spinge a costruire impianti più grandi, costosi e remunerativi. Che però non solo non riciclano, ma producono gas il cui smaltimento sarà sempre più penalizzato dalle future direttive UE, e quindi porterà a bollette sempre più costose per i cittadini”. “Sarà un caso – si chiede Cardone – che in Italia gli impianti di combustione sono proposti da privati mentre quelli di differenziazione e recupero invece sono sostenuti da aziende municipalizzate, quindi pubbliche, che non hanno tra gli obiettivi il profitto ma solo l’ottimizzazione di servizi e tariffe?”. Un riferimento chiaro al progetto “multiutility regionale”, che ha diviso il Pd sulla quotazione in borsa e crea malumori perfino nel centrodestra, e che sarà la patata bollente della politica dei prossimi mesi.