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ROMA – Dal 31 agosto scorso Khaled Al Quaisi, cittadino con doppia cittadinanza italiana e palestinese, è detenuto nelle carceri israeliane senza che sia stata formulata ancora una accusa nei suoi confronti. L’uomo, traduttore nel Centro di documentazione palestinese di Roma e studente di Lingue e civiltà orientali all’Università La Sapienza di Roma, è stato fermato al valico di Allenby alla frontiera con la Giordania mentre era in viaggio con la moglie e il figlio di 4 anni, e tradotto in carcere: in base alle leggi israeliane, la magistratura può far trascorrere 35 giorni prima di rendere noti i capi d’accusa. Khaled è tornato di fronte al giudice israeliano il 7, il 14 e il 21 settembre: in tutte le occasioni è stato deciso il prolungamento della detenzione preventiva, l’ultima per ulteriori 11 giorni. Una vicenda che, pur nelle evidenti diversità di contesto, non può che rammentare quella del ricercatore Patrick Zaki, e che ha subito mobilitato Amnesty International Italia.
“Le comunicazioni non sono semplici perché in questa fase di detenzione i contatti con i legali sono scarsi, ma quello che sappiamo non ci tranquillizza” dice il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury, stamani a Novaradio: ” Ha riferito di privazione del sonno, insulti, imposizione prolungata di posizioni stressanti dal punto di vita fisico”.
La prossima udienza è in programma il 1° ottobre prossimo: entro le 48 ore successive di dovrebbero conoscere le accuse. Ma c’è anche il pericolo che Khaled incappi nella “detenzione amministrativa”. “Questo è lo scenario peggiore – spiega ancora Noury – perché vorrebbe dire che Khaled rimarrebbe in uno stato di detenzione senza accuse né processi prorogabile a tempo indeterminato, di sei mesi in sei mesi, con prove relative alla minacci della sicurezza nazionale che non vengono rese pubbliche e cui quindi non ci si può opporre – uno strumento repressivo del sistema di giustizia militare applicato da Israele nei Territori Occupati. In quel caso i tempi si allungherebbero di molto,
Anche per questo Amnesty ha subito lanciato un appello alla liberazione e ad un intervento delle autorità italiane. “In Parlamento si sta muovendo qualcosa. Mercoledì faremo una conferenza stampa con Ascari e Boldrini, ma da parte del governo non sembra esserci grande intenzione” di intervenire. Dal Ministero degli esteri, non c’è stata alcune presa di posizione ufficiale: “Qui giocano una serie di fattori” sottolinea Noury: “Non irritare un alleato storico e quella definizione di ‘italo-palestinese’ che scatta quel pregiudizio che danneggia la soluzione positiva e i tempi rapidi di quella che consideriamo una violazione dei diritti umani di Khaled. Vediamo cosa succede il 1° ottobre, poi con il legale decideremo come muoverci”