FIRENZE – Nel primo anniversario dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la Cgil Toscana tornerà in piazza per dire no alla guerra, all’invio delle armi e al riarmo: lo farà con una manifestazione per le strade di Firenze, il 25 febbraio prossimo, e poi con altre iniziative sui territori. Ad annunciarlo è Rossano Rossi, da una settimana nuovo segretario della Cgil Toscana, ospite stamani degli studi di Novaradio per una chiacchierata a 360 gradi sulle priorità per il lavoro e il sindacato, la congiuntura economica e sociale, il rapporto con la politica regionale e locale, da cui discende un’idea ben definita di sindacato: più presente sul territorio, più vicino ai giovani, più attento ai temi dell’ambiente e della sostenibilità e, se possibile, anche più “di sinistra”, pronto a battersi non solo per un modello diverso di capitalismo ma anche su temi come la difesa dei beni pubblici, dell’accoglienza dei migranti e, appunto, della pace.
“Ho studiato ma nasco come operaio e sono un comunista mai pentito” chiarisce subito Rossi, che ha iniziato come dipendente della Sammontana di Empoli prima di scalare le gerarchie del sindacato toscano, e alla matrice operaia novecentesca più volte si richiama, con lo sguardo però rivolto al futuro. Ai giovani innanzitutto, che, spiega, “vanno coinvolti di più nel sindacato”, e alle loro richieste e proteste, che vanno “ascoltate e capite”. Quegli stessi giovani di cui gli imprenditori dicono che non hanno voglia di impegnarsi e che Rossi invece difende: “Le imprese dicono che cercano 12 mila lavoratori ma per che cosa? Soprattutto nel settore dei servizi e dell’edilizia, con contratti precari che non rispettano gli accordi sindacali e i CCNL. Provate a dare ad un giovane lavoratore – dice – un stipendio certo e dignitosi, la possibilità di ferie e malattie, e vedrete le pile di curriculum”.
Duro invece con quegli imprenditori che da un giorno all’altro chiudono e mandano a casa i lavoratori: dalla Gkn di Campi Bisenzio alla ex Perini di Lucca, per arrivare all’ultimissimo caso, quello della Gegé di Casale, che ha annunciato la chiusura dello stabilimento Italpizza di Prato, con il licenziamento dei suoi 80 lavoratori: “Stiamo seguendo la cosa anche con la Regione – dice – ci sono imprenditori interessati a rilevare l’azienda, a breve potrebbero esserci novità” positive.
I giovani non sono solo gli operai, m aanche quelli del movimento Fridays for Future, con cui per Rossi “bisogna dialogare” perché pongono all’attenzione temi ineludibili: “Bisogna superare la dicotomia tra tutela del lavoro e tutela dell’ambiente” dice: dalle cave di marmo di Carrara, alle cartiere energivore della piana lucchese: “Bisogna guidare la transizione con investimenti – spiega – pensare degli ammortizzatori ambientali: i cavatori delle Apuane sono pronti anche a smettere, ma gli va garantito lo stipendio”.
Altro tema caldo sul rapporto lavoro-ambiente è quello degli impianti di smaltimento rifiuti. “Vanno fatti, ma bisogna stare attenti alla progettazione, alla comunicazione, al coinvolgimento dei territori, e al controllo del pubblico su dimensionamento e logistica: dice con riferimento esplicito al caso dell’abortito progetto di impianto di gassificazione dei rifiuti di Empoli. E aggiunge: “Non si può affidare certi servizi solo ai privati”. Una critica al progetto multiutility dei servizi toscana avviata da Firenze, Prato e PIstoia: “L’aggregazione sì, dobbiamo fare massa – dice – ma la quotazione in borsa no, la Cgil è e rimane contraria”.
La gestione dei rifiuti in Toscana fa rima anche con “Keu“, dal nome dell’inchiesta che ha svelato smaltimento illecito di sostanze tossiche, infiltrazioni della ndrangheta, cointeressenze del Consorzio della concia, e perfino corruzione politica. Questione che ha portato alla protesta di cittadini e residenti ma non degli operai del distretto. “In un momento come questo c’è preoccupazione per il posto di lavoro” ammette Rossi, che aggiunge: “C’è sicuramente stata una sottovalutazione del problema”.
L’interlocuzione con i movimenti e le associazioni è necessaria per Rossi anche di fonte alla debolezza della sinistra e del Pd: “Il rapporto con la politica è necessario, non come collateralismo o cinghia di trasmissione. Non c’è al momento un partito che rappresenti le istanze del lavoro”. Come dunque i partiti, e in particolare quelli del centrosinistra, possono tornare a parlare ai lavoratori: “Ad esempio, tanto per cominciare, dicendo che il Jobs Act è stato un errore, che non è servito a migliorare le condizioni di lavoro. E che va eliminato, non ritoccato”.
Certo, difficile farlo adesso che c’è un governo di destra alla guida del paese, che persegue politiche neo-conservatrici su molti fronti: dalle politiche economiche a quelle migratorie. E se in tema di accoglienza la Toscana sta facendo la propria parte, sulla creazione di un CPR (Centro per il rimpatrio migranti) sostenuto da Regione, Anci Toscana e Comune di Firenze, Rossi avverte: “Una scelta sbagliata, è inutile. La Toscana deve essere per un’accoglienza diffusa”