PRATO- I lavoratori e le lavoratrici in appalto tengono in vita i musei tanto visitati della nostra Regione, tra cui anche il Museo Pecci di Prato. “Siamo circa 25 i dipendenti di questa cooperativa che sono sull’appalto di Prato Musei. Quest’appalto è scaduto a settembre ed è stato rinnovato ad ottobre con un taglio del 20 percento rispetto al precedente,” racconta Jia Jie Zhou, operatore biglietteria e dipendente società cooperativa culture che ha in appalto i servizi museali integrati del Pecci, delegato sindacale RSA sindacato Usb. “Il problema delle esternalizzazioni è proprio questo, che ogni tre anni il bando scade si rinnova e il posto di lavoro è sempre a rischio anche in caso di lavoratori a tempo indeterminato.”
” A un operatore non è stato rinnovato il contratto, altre tre sono state trasferite in altre sedi, mentre quelli rimasti continuano a lavorare in flessibilità e precarietà vengono spostati da un museo all’altro fanno molta fatica ad organizzare la propria esistenza, ” continua Zhou. “Oltre a tutto questo c’è una retribuzione molto bassa, arrivano a fatica a 700-800 euro al mese.”
La richiesta della RSA del sindacato USB chiede delle condizioni migliorative per gli operatori di sorveglianza delle sale, che hanno condizioni peggiori. “Nonostante la richiesta il Comune di Prato non ci ha nemmeno concesso un tavolo tecnico. Chiediamo che venga applicato l’unico contratto di categoria del settore, ovvero il contratto Federculture” conclude Zhou.