FIRENZE – Non è mai revocabile il programma di accoglienza per un migrante richiedente protezione internazionale anche se responsabile di reati e atti violenti dato che privare un immigrato delle condizioni di accoglienza “costituisce sempre una sanzione sproporzionata, perché lesiva della dignità umana”. Lo afferma la Corte di Giustizia Europea, con sede in Lussemburgo, emettendo un parere sul caso di un senegalese 30enne espulso dal piano di accoglienza con provvedimento della prefettura di Firenze riguardo a un fatto del 2019, quando aggredì un addetto di Trenitalia in una stazione mentre cercava di salire su un treno senza biglietto.
Della vicenda riporta Il Tirreno spiegando che, in parallelo alla denuncia e al procedimento penale, tuttora aperto a carico del senegalese, lo stesso immigrato impugnò l’atto della prefettura al Tar della Toscana, che gli dette ragione. L’avvocatura dello Stato però fece ricorso al Consiglio di Stato, che prima di pronunciarsi ha dovuto chiedere un parere alla Corte di Giustizia della Ue. L’1 agosto scorso la Corte in Lussemburgo ha emesso il suo parere stabilendo che revocare il piano – che comporta l’erogazione di vitto, alloggio, sussidio per le spese giornaliere e vestiario – a un migrante, pur se sia stato autore di atti violenti e gravi, costituisce in ogni caso una lesione della sua dignità.
I giudici europei fanno riferimento alla direttiva sui migranti numero 33 del 2013 per la quale “gli Stati membri dell’Unione assicurano in qualsiasi circostanza l’accesso all’assistenza sanitaria e garantiscono un tenore di vita dignitoso per tutti i richiedenti” e evidenziano invece che la legge italiana, col ‘decreto accoglienza’ del 2015, “è in contrasto con la normativa europea perché tra le sanzioni per i migranti violenti comprende, appunto, la possibilità di revoca delle condizioni materiali di accoglienza” e il migrante così’ colpito rimane senza alloggio, cibo, vestiti e sussidio privandolo di un “tenore di vita dignitoso”.