FIRENZE – “Mi sembra che le dichiarazioni dei sindacati e del collettivo” dello stabilimento Gkn “vadano in questa direzione, ovvero di capire se le due proposte emerse come più sostanziali possano essere gestite per un passaggio di proprietà dalla Gkn a chi può dare un futuro ai 422 lavoratori e al loro indotto. La soluzione in questo momento sembra credibile e sarebbe quella di un passaggio ponte per togliere la Gkn da quel fondo Melrose”. Lo ha detto il presidente della Toscana, Eugenio Giani, a parlando dello stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze) ed in particolare dell’ipotesi di una “vendita-ponte” in vista di una successiva reindustruializzazione di cui ha parlato ieri l’advisor dell’azienda Francesco Borgomeo. “Sono convinto che con il passaggio di Gkn a un soggetto ponte – ha concluso Giani – poi le trattative con la proprietà possano aprirsi”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella: “Credo che ci sia una apertura ad una possibilità molto interessante, quella di creare un bridge che possa consentire a Gkn di lasciare la fabbrica, il sito produttivo, di mettere in condizione Borgomeo con altri investitori e con le istituzioni pubbliche in modo da dare vita ad un nuovo progetto industriale che garantisca la continuità occupazionale e la presenza sul territorio”.
“Un passo avanti è sicuramente la sospensione dei licenziamenti – ha osservato l’assessora al lavoro Alessandra Nardini – abbiamo chiesto al governo e Invitalia un ruolo attivo nella vicenda”.
A far da contralto agli entusiasmi della politica, la prudenza e i dubbi del sindacato. A partire dall’impegno del capitale pubblico, che al momento non è affatto certo. La Fiom Cgil, con il suo segretario Daniele Calosi stamani ha spiegato che Invitalia ieri non ha dato la sua disponibilità ad entrare nel capitale, e anche la Fim Cisl fa notare una serie di questioni da chiarire. “Gli spiragli – ha detto il segretario Fim Roberto Benaglia oggi al congresso della federazione che si svolge proprio a Firenze – ci sono: il percorso adesso deve prevedere che il Mise garantisca la serietà dei progetti, la verifica con le parti sociali e col sindacato, lo stop ai licenziamenti, e ammortizzatori che siano finalizzati a far ripartire il lavoro”. Per Benaglia ha ricordato che le condizioni sono due: “continuità occupazionale” e “una reindustrilizzazione vera e non sulla carta come troppo spesso avvenuto”. Sul ruolo di Invitalia, “deve essere di verifica della sostenibilità, della sicurezza, della forza dei piani industriali – ha detto -se poi Invitalia deve essere il soggetto che entra finanziariamente questo è un altro ruolo positivo che abbiamo bisogno di verificare”.
Infine, Benaglia è tornato a chiedere al governo di battere un colpo sul decreto anti-delocalizzazioni: “Al governo chiediamo – ha detto – che casi di questo tipo siano esemplari, perché le multinazionali, che sono benvenute in Italia, che devono investire in Italia, quando però ristrutturano devono essere responsabili socialmente”.