FIRENZE – “Onorata” di essere stata indicata come possibile nuova segretaria del Pd metropolitano fiorentino come candidatura “di sintesi” e determinata nell’impostare nella gestione del dibattito di “un nuovo metodo” improntato al dialogo sui temi e non sulle persone, e all’ “apertura dei luoghi e dei soggetti del confronto”.
Monica Marini, sindaca di Pontassieve, che salvo sorprese dell’ultim’ora si avvia a diventare la prima segretaria donna del PD metropolitano fiorentino, parla per la prima volta della scelta di “mettersi a disposizione” del partito per superare lo scontro “totale” che si stava profilando tra il segretario uscente Marco Recati sostenuto dai lottiani di Base Riformista e il suo sfidante del correntone “lettiano” Emiliano Fossi.
Una sfida che sembra già vinta, dato che il nome della sindaca è infatti l’unico rimasto in pista: la sua candidatura, proposta da una triade di firmatari “di peso” – la segretaria regionale dem Simona Bonafé, del governatore regionale Eugenio Giani e dal sindaco fiorentino Dario Nardella – ha convinto i due contendenti a desistere in rapida successione.
Quarantotto anni, una vita in politica, dai Ds al Pd, Marini dal 2014 è alla guida del Comune di Pontassieve, dopo aver vinto le primarie interne contro il candidato che aveva l’endorsment dell’allora segretario Renzi. Ora è chiamata a gestire il Pd nella nuova stagione, fatta di aspri dissidi tra lettiani ed ex renziani. “La candidatura – dice Marini – è stata una sorpresa anche per me: mi hanno chiamata domenica scorsa per dirmi che era stato fatto il mio nome come candidata alla segreteria metropolitana: ci ho dormito su e lunedì ho detto sì. Sono onorata e orgogliosa di poter essere la prima donna segretaria, così come sono stata la prima sindaca donna del mio Comune” ma anche “consapevole che si tratta di una fase complessa”.
La sfida, è ricucire le distanze tra le diverse componenti – lettiani ed ex renziani – che ancora si dividono su infrastrutture, ambiente, diritti, ma anche alleanze e strategie politiche. Non semplice per chi, come Marini, è sempre stata lontana dal renzismo: “Ho le mie idee ma non le soluzioni, che vanno trovate insieme. Quello cui punto è un cambio di metodo” dice Marini: “Un partito che torni a parlare dei temi e non delle persone, ad aprire i suoi luoghi al confronto”. Dialogare all’esterno, insomma: non solo i partiti, ma anche e soprattutto, fa capire, con i territori, i cittadini, le associazioni e i corpi intermedi”.
Metodo che, assicura, applicherà fin da subito con la predisposizione della piattaforma congressuale: “Chiederò a ognuno dei circoli di contribuire con un’idea”.
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