FIRENZE – Il pm Christine Von Borries ha chiesto il rinvio a giudizio per 12 persone, tra cui 10 agenti di polizia penitenziaria e due medici, nell’ambito delle indagini sui presunti pestaggi che sarebbero avvenuti nei confronti di detenuti del carcere di Sollicciano a Firenze. Le accuse contestate, a vario titolo, sono quelle di tortura e falso in atto pubblico. In particolare, i due medici, in servizio presso la casa circondariale e le cui posizioni nell’inchiesta emergono adesso, sono accusati di aver redatto falsi certificati in relazione alle condizioni dei detenuti vittime delle stesse presunte violenze risalenti al 2018 e al 2019.
I due medici della Asl Toscana Centro, un 33enne straniero e residente a Siena, e una 62enne di Prato, sono accusati di falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale e di favoreggiamento. Per l’accusa, sia l’uno che l’altro, in due distinti episodi, avrebbero coperto gli autori dei pestaggi omettendo di visitare i detenuti che venivano portati in infermeria dopo le violenze, certificando come lievi lesioni che invece avevano una prognosi reale di oltre 20 giorni, ad esempio, secondo quanto emerge, facendo passare per semplici lividi fratture alle costole o la perforazione di un timpano.
Secondo quanto emerso, sono tre i pestaggi finiti al centro delle indagini, avvenuti tra il 2018 e il 2020. Sarebbero opera di un gruppo di agenti comandati da un’ispettrice 50enne, residente a Firenze. Nel suo ufficio sarebbe avvenuto il più violento degli episodi contestati, il 27 aprile 2020: vittima un detenuto marocchino, colpevole di aver protestato insultando un agente. Pochi minuti dopo la minaccia rivoltagli da un agente – “ti massacriamo” – sarebbe stato portato nell’ufficio e poi, davanti all’ispettrice, picchiato da sette agenti con pugni e calci fino a lasciarlo a terra senza fiato e procurandogli la frattura di due costole. Prima di essere portato in infermeria, sarebbe stato inoltre condotto in una stanza di isolamento, costretto a togliersi i vestiti e lasciato nudo per alcuni minuti per umiliarlo. “Ecco – gli avrebbe detto uno degli agenti – la fine di chi vuole fare il duro”. Nel dicembre 2018 un trattamento analogo sarebbe stato riservato a un detenuto italiano, picchiato fino a perforargli un timpano.