TOSCANA – Tre inchieste della Dda di Firenze sulle infiltrazioni della ndrangheta dal narcotraffico di cocaina, allo smaltimento illecito di rifiuti (stavolta i fanghi tossici delle concerie), ai lavori stradali – scuotono il sistema economico e politico: 23 arrestati in tutto per reati che vanno dall’estorsione allo spaccio ai rati ambientali, ma le indagini si estendono fino a toccare nel cuore politico-amministrativo della Regione. Tra gli indagati, con l’ipotesi di reato i corruzione c’è infatti anche Ledo Gori: oggi capo di gabinetto della Presidenza della Regione Toscana di Eugenio Giani (estraneo ai fatti), ieri nello stesso ruolo con Enrico Rossi (nemmeno lui indagato).
Nell’inchiesta sono coinvolti non solo esponenti delle cosche che vivono nella regione – che con l’intimidazione hanno preso il controllo di ditte del movimento terra e degli inerti entrando nei lavori pubblici e gestendo rifiuti tossici e pericolosi — ma anche imprenditori e politici. In un filone curato dai Cc Forestali e dal Noe emerge che esponenti dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno (Pisa) avrebbero operato come sodalizio criminale: da un lato cedendo, pagando denaro, a ditte infiltrate dalle cosche lo smaltimento di rifiuti delle concerie senza completare o svolgere l’iter di riciclo ambientale; dall’altro tenendo relazioni con politici ed enti pubblici. I rifiuti tossici sono finiti sotto la nuova strada regionale 429 Empoli-Valdelsa (circa 8.000 tonnellate contaminate) o in terreni a Levane (Arezzo), Castelfalfi (Firenze) Peccioli (Pisa), presso l’aeroporto militare di Pisa e altre località della Toscana interna. Sei gli arresti in questo filone e sequestrati due impianti di depurazione. Tuttavia, gli stessi conciatori di Santa Croce indagati, tenevano relazioni con politici ed enti pubblici apicali.
Sul versante della pubblica amministrazione c’è, tra gli indagati, Ledo Gori che per gli inquirenti era disponibile a soddisfare esigenze illecite dei membri dell’Associazione in cambio della loro esplicita richiesta a Giani di confermarlo capo di gabinetto quando sarebbe stato eletto governatore della Toscana, cosa avvenuta. Gori, per la dda, ha fatto pressioni su dirigenti dell’Arpat considerati troppo solerti nei controlli sugli impianti, verifiche che i conciatori chiedevano di non avere. Indagato per corruzione anche il consigliere regionale del Pd, in carica, Andrea Pieroni: per la Dda, nel 2020 dietro 2-3.000 euro come contributo elettorale, avrebbe assecondato la richiesta dei conciatori di escludere da una legge regionale il depuratore del consorzio Aquarno da procedure ambientali previste nel ciclo idrico. La norma fu poi impugnata dal Governo ritenendola anti-costituzionale.
Indagata pure la sindaca di Santa Croce Giulia Deidda (ipotesi di associazione a delinquere, sarebbe stata il raccordo tra politici e industriali a cui avrebbe garantito nomine gradite negli enti di controllo) e, nella burocrazia regionale, per abuso d’ufficio, Edo Bernini, dirigente del settore Ambiente.
E la ‘ndrangheta? L’altro filone, curato dal Ros, ha portato a 17 arresti che hanno colpito imprenditori – anche toscani – contigui alla cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro), gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, concorrenza con violenza e minacce, sub-appalto irregolare, associazione finalizzata al narcotraffico di cocaina (tramite il porto di Livorno ed è stato pure trovato un deposito di armi della ‘ndrangheta in Val d’Era), spaccio, favoreggiamento, il tutto aggravato dal metodo mafioso. Le infiltrazioni nell’economia toscana della cosca Gallace era partita dal controllo su una storica azienda del Mugello, la ‘Cantini Marino’ srl: poi con intimidazioni e minacce la società guidata con loro metodi avrebbe condizionato la concorrenza e avuto commesse pubbliche.