Firenze – Dopo l’annuncio dell’avvio della procedura di licenziamento collettivo per i 176 lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno, la Fiom Cgil palra di una cirisi annunciata e punta il dicto sulle responsabilità della politica.
“Una situazione di cui noi avevamo, purtroppo, già messo in allarme” dichiara ai microfoni di Novaradio il segretario Daniele Calosi, che accusa senza mezzi termini la politica – governo, Mise e Regione Toscana – di essere stata “assente”.
Sia l’azienda chel’esecutivo, denuncia Calosi, sono responsabili: la prima per aver deciso di delocalizzare in Romania, il secondo per non essere stato capace di costribuire a delineare, nell’ultimo anno e mezzo, un percorso di reindustrializzazione che desse un futuro ai lavoratori. “L’unica alternativa ossibile, qualla della cooperativa creata dai lavoratori – attacca – è stata isolata dalle stesse istituzioni locali, Regione e Città Metropolitana”.
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Sotto accusa del sindaato finisce aperò anche le istituzioni regionali e locali: “La responsabilità per questi 176 licenziamenti è, prima di tutto, politica” attacca Calosi: l’attuale governo, e quello precedente, che “sono stati assenti” ma anche il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani che in un incontro con i lavoratori il 5 ottobre 2020 aveva preso l’impegno a parlare della vicendacon il ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli. “Si vede con quali risultati – chiosa Calosi, aggiungendo poi: “Da ieri il presidente Giani non è reperibile nonostante sia stato annunciato il licenziamento di massa”.
Aldilà dei vari personaggi della politica (l’ex ministro del Lavoro Luigi Di Maio varcò i cancelli dell’azienda nel 2018) e delle voci sulle possibili acquisizioni bielorusse o italiane, gli unici che hanno presentato un piano industriale sono stati i lavoratori mostrandolo al sindaco della Città Metropolitana di Firenze, a tutti gli amministratori locali vicini e la risposta è stata che per fare impresa servono gli imprenditori, imprenditori che stanno licenziando 176 lavoratori.
Le norme anti-covid impediscono al sindacato di mobilitare le persone in piazza, soffocando una protesta legittima che da due anni aspetta una risposta dal mondo politico che ancora, nonostante abbia dato nella fase iniziale tutto il suo appoggio, non si sforza di cercare soluzioni.
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