TOSCANA – Uno “scenario apocalittico” con indicatori economici di crisi gravissimi e non congiunturali, che si sommano ad una rallentamento già in atto da alcuni mesi e sono destinati a produrre in Toscana danni ancora maggiori della crisi del mutui del 2008: è il quadro tracciato dalla ricerca Ires-Cgil sugli effetti della crisi covid19 nella nostra regione e sulle conseguenze a lungo termine. Ad essere colpiti son stati infatti proprio i settori – export e turismo – che in questi anni hanno tenuto “a galla” la Toscana negli ultimi anni e che pongono la nostra regione in una situazione peggiore rispetto ad vista della futura ripresa.
I dati su come la crisi ha battuto in Toscana e su quel che è destinata a produrre d’altronde parlano chiaro: 46,1 milioni di ore di cassa integrazione nel solo mese di aprile – dato monstre che, seppur parziale (non comprende Fis, fondi bilaterali e Cigs) che non ha paragoni nelle serie storiche regionali – pari a +1.600% rispetto alla media 2009/2014; ben 275 mila i bonus erogati a lavoratori autonomi e partite iva. La produzione industriale registra un tracollo del 12,8% ed è direttamente correlata alla caduta dell’export. “La crisi si innesta in quadro che era già di stagnazione, e che impone una riflessione alla politica sul cambio modello di sviluppo finora perseguito e sulle politiche più adatte per la ripresa” dice Gianfranco Francese, direttore Ires Toscana.
GGli effetti immediati e a breve del lockdown sono in Toscana potenzialmente devastanti: una perdita media di Pil pro capite stimata tra i 2.400 e i 3.400 euro l’anno, una diminuzione del 5,3% dei consumi e del 12% degli investimenti. Tutti i territori sono ugualmente colpiti dalla crisi (ma in particolare quelli di Firenze e Pisa).
Per il futuro le previsioni sono nerissime: la crisi è destinata a protrarsi anche nel 2021. Il calo dell’occupazione previsto è maggiore di quello nazionale, e oscilla tra il 5 e il 7% totale, forbice che sale tra l’8 e il 12% nei i settori più esposti – turismo, ristorazione, trasporti, manifattura da export, commercio – che però in Toscana “pesano” per il 45%, 4 punti in più che nelle altre regioni, come ha spiegato il curatore della ricerca Roberto Errico.
Un quadro complesso, che impone soluzioni coordinate e di lungo respiro secondo la segretaria Cgil Toscana Dalida Angelini. “Ci sono tanti soldi, tanta liquidità, a disposizione: importante è capire come spendere” sottolinea. Tre le parole d’ordine: pianificazione, condivisione delle scelte con le parti sociali e visione strategica. Precise priorità di intervento su cui le politiche statali e regionali devono investire: riconversione ecologica, educazione-istruzione-ricerca, digitalizzazione, creazione di un sistema di ammortizzatori sociali unico e universale, difesa e rinnovo dei contratti nazionali come fonte di solidarietà e diritti.