FIRENZE – Condanne fino a 22 anni di reclusione sono state chieste dal pm Tommaso Coletta nel processo per la morte di Duccio Dini, lo scooterista 29enne che fu travolto e ucciso nell’agosto 2018 a Firenze mentre era fermo al semaforo rosso sul motorino, da una carambola di auto durante un presunto regolamento di conti fra nomadi.
Chiesti 22 anni per Kjamuran Amet, 21 e 6 mesi per Remzi Amet, Remzi Mustafa, Dehran Mustafa e Antonio Mustafa, 9 anni per Kole Amet ed Emin Gani. Il pm ha anche chiesto la confisca delle auto coinvolte e l’incriminazione per falsa testimonianza di una persone che a processo ha dichiarato che Renzi Amet non era a bordo di una delle auto.
Duccio, “fu vittima incolpevole, vittima sacrificale di una incultura”, “una incultura Rom”, “una incultura zingara” basata “su un senso troppo forte della famiglia e su un atteggiamento di spregio verso la figura femminile” ha detto il pubblico ministero, ricostruendo le circostanze che hanno portato al folle inseguimento costato la vita a Duccio: all’origine ci sarebbe stata da una lite nata per un giuramento di fedeltà che un marito pretendeva dalla moglie, la figlia di Remzi Amet , e moglie di Rufat Bajram.
Dopo circa due anni di separazione dalla moglie, il marito pretese dalla moglie una dichiarazione di fedeltà per consentirle di tornare a casa, che filmò col cellulare. Questo gesto, ossia aver registrato tale cosiddetto ‘giuramento’, scatenò l’ira del padre e dei fratelli della donna. Inoltre due giorni prima dell’inseguimento c’era stata una lite finita in una colluttazione tra marito e padre della donna. Quel giorno i dissapori si acuirono al punto che fu deciso di raggiungere a scopo punitivo l’uomo.
L’inseguimento a cui parteciparono tutti i parenti, ha detto sempre il pm Tommaso Coletta, “fu chiaramente folle”, “ce lo dicono i testimoni che hanno avvistato queste cose pazzesche e ci descrivono auto contro mano e che superano semafori rossi”, oltre all’altissima velocità su strade urbane. Un contesto che culminò nell’omicidio di Duccio Dini.
“E’ arrivato il momento di restituire alla famiglia di Duccio Dini la giustizia che sta cercando” ha detto l’avvocato di parte civile Bruna Pinucci Scatigna, che assiste alcuni familiari di Duccio Dini al commento della requisitoria. Commenti, frasi e rumori di disapprovazione invece sono arrivati per qualche istante, al momento delle richieste di condanna da parte del pm, da parte dei parenti dei rom imputati.