FIRENZE – Nell’estate del 2013 aveva tappezzato la facciata dell’ex convento di Sant’Orsola di finti dollari americani come provocazione, ieri è finito in manette dopo aver aggredito l’artista serba Marina Abramovic durante un firma copie del catalogo della mostra a lei dedicata a Palazzo Strozzi. Autore di entrambe le “performance” l’artista ceco Vaclav Pisvej, classe 1967, ormai più famoso per i guai combinati che per le opere: a gennaio scorso aveva infatti imbrattato di arancione Big Clay, la statua di Urs Fischer posizionata in Piazza della Signoria.
Ieri, dopo l’aggressione alla Abramovic, Pisvej è stato condotto in questura dalla polizia, ma, al contrario del passato, ne è uscito senza una denuncia. Anche l’artista serba sembra averlo assolto: “In passato mi sarei arrabbiata per un fatto del genere – ha dicharato – oggi invece provo compassione. La cosa più difficile è perdonare ma bisogna riuscire a farlo come dice il Dalai Lama”.
Proprio la Abramovic ha raccontato quanto successo ieri mattina attraverso una nota stampa: “Sono uscita dalla sala dove abbiamo svolto il booksigning e c’erano tante persone ad aspettarmi per una foto o per un autografo. Tra la folla c’era un uomo sulla quarantina che portava con sé un dipinto raffigurante il mio volto in modo distorto. Si è avvicinato guardandomi dritto negli occhi e io gli ho sorriso, pensando che fosse un regalo per me. In una frazione di secondo ho visto la sua espressione cambiare e diventare violenta, venendo verso di me molto velocemente e con grande forza. Tutto ad un tratto mi ha sbattuto in testa violentemente il quadro, intrappolandomi dentro la cornice. Tutto è successo molto rapidamente. Poi le guardie lo hanno isolato e fermato e il direttore Arturo Galansino mi ha portato nel retro del bar nel cortile di Palazzo Strozzi per tranquillizzarmi.”
Nonostante lo shock l’artista serba ha voluto incontrare Pisvej e capire il motivo di questo gesto: “Tutti sono rimasti molto sorpresi che volessi parlare a questa persona. Ma io sono così. Non fuggo mai dai problemi. Li affronto. Quindi lo hanno portato da me e gli ho chiesto: “Perché l’hai fatto? Qual è il motivo? Perché questa violenza?” Non gli avevo fatto niente. Non l’avevo mai incontrato prima. Lui ha detto: “L’ho dovuto fare per la mia arte”. Questa è stata la sua risposta. Per me è difficile capire ed elaborare la violenza. E’ la prima volta che mi succede una cosa del genere. E ancora non riesco a capire. Con la violenza sugli altri non si fa arte. Anche io sono stata una giovane artista non famosa ma non ho mai fatto del male a nessuno. Nel mio lavoro io metto in scena diverse situazioni e metto a rischio la mia vita. Ma questa è una mia decisione e stabilisco io le condizioni.”