Comaneci
“Rob A Bank”
Etichetta: Tannen Records
Promozione: Pitbellula
Uscita: 18 maggio 2018
“Rob A Bank” è il quarto album dei Comaneci in 15 anni, senza dubbio il più complesso, e soprattutto completo, della loro carriera, il più riuscito nel portare avanti questa strana commistione tra melodia, canzone folk e attitudine sperimentale: “Rob a Bank” è anche il primo lavoro a essere, perlomeno nel risultato finale, frutto di una vera e propria band, grazie all’inserimento alla batteria e percussioni di Simone Cavina. Cavina affianca la già affiatata coppia che porta avanti la ragione sociale Comaneci, quella composta dal chitarrista (e molto altro) cesenaticense Glauco Salvo e dalla cantante (qui, come nei live della band, anche a chitarra e piano elettrico) ravennate Francesca Amati, che i Comaneci li ha fondati nell’ormai lontano 2005. Con l’occasione dell’uscita del disco i Comaneci pubblicano un primo video, quello di “The Lake”, affidato alle mani di un vero artista, Mirco Santi.
Le 12 canzoni di “Rob a Bank” – affascinante già a partire dalla copertina grazie all’artwork curato dall’illustratrice Mara Cerri – rappresentano una sorta di summa dell’arte musicale dei Comaneci, arte che prende ispirazione in primis dall’America (delizioso il banjo in “Lovers”) e in particolare da un blues primitivo aggiornato al presente, con l’ausilio anche di un’elettronica povera che è spesso il valore aggiunto di molti brani, anche solo grazie a fruscii di sottofondo (l’iniziale “I Want You All” pare quasi una dichiarazione d’intenti). Un viaggio sonoro che parte dai Califone e arriva fin quasi a Bristol nei momenti più astratti, senza disdegnarne altri più immediati, torch songs o canzoni dal sapore perfino bucolico (la parte finale di “Plainsong”). Un viaggio, ancora, che chiude un cerchio, toccando qualcosa che potrebbe somigliare alla classica contemporanea per poi sfociare in una sorta di violenza repressa in uno degli apici dell’album, “Cocoon”. La voce di Francesca non è mai stata così centrata, a volte quasi difficile da riconoscere (in un pezzo deliziosamente etereo e sospeso come “The Lake”, per esempio), controllata e sicura nel toccare registri diversi. Un disco fuori dal tempo eppure così contemporaneo, registrato in una villa nella campagna marchigiana da Mattia Coletti, da sempre legato al progetto e che ne restituisce alla perfezione il suono, così internazionale, eppure così, in una parola, Comaneci.