FIRENZE – Quando il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, abbandonò la nave che stava affondando era “consapevole che diverse persone si trovavano sul lato sinistro” ma “decideva in ogni caso di allontanarsi in modo definitivo”.
E’ quanto scrivono i giudici della Corte di appello di Firenze nelle motivazioni della sentenza che il 31 maggio scorso ha comminato a Schettino una condanna a 16 anni e un mese di reclusione per naufragio colposo e abbandono della nave.
Tra le altre colpe sottolineate dai giudici delle prima sezione penale, il ritardo nel dare l’ordine di abbandono della nave nonostante Schettino fosse “a conoscenza che con lo sbandamento della nave oltre un certo grado, le scialuppe non potevano più essere calate a mare”, laddove “il prendere tempo e ogni altra tergiversazione dell’imputato sono state assolutamente nefaste”.
D’altra parte, si legge ancora nelle motivazioni, dal comportamento di Schettino non può essere dedotta “la prova della colpa cosciente”. “Non è possibile affermare – scrivono i giudici – con certezza se l’imputato avesse sottovalutato la situazione a causa di una vera e propria ‘fuga dalla realtà’ successivamente all’impatto, o piuttosto se la sua attenzione e le sue condotte fossero focalizzate sul tentativo di salvare la nave, come appare più plausibile”.