FIRENZE – All’ospedale di Piombino non ha funzionato il sistema di controlli interno, facendo sì che l’allarme sia scattato solo ad oltre un anno dalla prima delle 13 vittime di improvvisa scoagulazione del sangue. Sono le conclusioni cui è giunta l’indagine degli esperti incaricati dalla Regione Toscana dopo l’arresto di Fausta Bonino, l’infermiera accusata di aver ucciso i 13 pazienti dell’ospedale di Villamarina con dosi letali di eparina.
Nessuna accusa mossa a singoli medici del reparto, né ai vertici dell’ospedale. Piuttosto la messa in luce di falle nel sistema di allerta, che sarebbe dovuto scattare almeno fine 2014, quando si registrarono 6 decessi per scoagulazione in 4 mesi. All’origine carenza di cultura sui problemi della coagulazione del sangue, la mancata tracciabilità dell’uso dei medicinali, l’assenza di riscontri su fiale e flaconi prelevati.
Le soluzioni per far sì che errori e sottovalutazioni del genere non si ripetanosaranno elaborate dalla fase 2 della commissione. “In Toscana le terapie intensive funzionano – ha ribadito Stefania Saccardi, assessore alla salute, che oggi ha illustrato il lavoro fatto dalla commissione – siamo costernati che questo accada in un buon sistema sanitario come il nostro”.
L’assessore ha poi annunictao che la Regione Toscana sta procedendo alla riorganizzazione del sistema del rischio clinico in tutta l’area di Livorno, dove si sono registrate “serie criticità”. Saranno chiamati a collaborare col reparto di terapia intensiva dell’ospedale piombinese, ha spiegato Saccardi, un medico e un infermiere esperti in terapia intensiva, per almeno 6 mesi, con il compito di affiancare i professionisti e indirizzarli alla consapevolezza del rischio clinico. Ai lavoratori sarà anche affiancato un centro di criticità relazionale, per dare assistenza psicologica a chi lavora in quel reparto.