PISA – “Non farò danni al Pd, perché penso che in un partito plurale come il nostro si possa esprimere le proprie opinioni anche senza dover poi portare via il pallone con il quale si gioca”. Così il governatore toscano Enrico Rossi ha spiegato, ieri a Pontedera, le ragioni della sua scelta di candidarsi alla segreteria del Pd per il congresso atteso nel 2017.
Una “terza via”, la proposta delineata da Rossi, orgogliosamente non renziana ma neppure anti-renziana. “Mi candido per un partito più a sinistra, per uscire dal blocco tra renzismo e antirenzismo. Per più sinistra e memoria, che non è nostalgia ma non può essere neppure vergogna”.
Occupazione, lavoro, Europa, sviluppo, uguaglianza, i temi ricordati nel dicorso di Rossi, che nelle citazioni ha spaziato da Bobbio a Berlinguer a La Pira. “Non si può dare solo rottamazione e deserto, anche memoria; non solo un comitato elettorale. Serve territorio e partecipazione, una classe dirigente, altrimenti decide chi ha i soldi, i “padroni del vapore” “.
Dal Pd toscano di marca renziana l’accoglienza è a dir poco gelida: “Enrico lo vedo isolato più che autonomo – chiosa il segretario toscano del PD Dario Parrini – e il ruolo di premier, lo dico con amicizia, ad Enrico va decisamente troppo largo”.
Sceglie l’ironia il renzianissimo eurodeputato Dario Danti: “Rossi l’ha già annunciato quattro volte: se sente il bisogno di ripeterlo ogni due mesi significa che fino ad ora la sua candidatura non ha raccolto molti consensi. Enrico, ritenta e sarai più fortunato!”