FIRENZE – “La ricerca disperata di libertà di chi attraversa il mar Mediterraneo sapendo di rischiare la vita non è meno degna della ricerca di libertà che i nostri partigiani hanno portato avanti con la guerra di Resistenza e di Liberazione”.E’ il paragone tra passato e presente che il sindaco di Firenze ha cvoluto sottolienare nel suo intervento durante le celebrazioni per il 71/ao anniversario della Liberazione di Firenze avvenuta l’11 agosto 1944.
“L’11 agosto – ha aggiunto – è anche la storia delle truppe indiane e algerine che si mossero per prime perché gli alleati temevano la reazione dei franchi tiratori, dei cecchini fra le strade e fra i palazzi. La perdita di quelle vite ci dimostra che la libertà è un valore universale e non guarda alla differenza fra credo religioso o etnie, perché quei popoli persero la vita anche per dare a noi la libertà. Oggi dobbiamo dirlo con forza di fronte a rigurgiti di razzismo inaccettabili”.
Parole con cui Nardella ha voluto attualizzare il messsaggio di libertà e democrazia che la Festa di Liberazione rappresenta e ricorda. Una necessità che il primo cittadino ha sottolienato durante tutta la giornata: celebrare la Liberazione “non deve essere soltanto un esercizio rituale, non deve essere solo ricordata a parole: nei fatti dobbiamo rinnovare questi valori”.
Attualizzazione che passa anche dal ricordo fisico, che per Firenze si concretizzerà con la realizzazione di un polo sull’olocausto e la Liberazione nel complesso dell’EX3 in viale Giannotti, secondo il progetto annunciato qualche settimana fadallo stesso Nardella: “Abbiamo confermato l’impegno a realizzare in pochi anni un memoriale della Liberazione – ha detto Nardella – che ricordi anche tutti gli eccidi e le violenze che l’umanità ha mosso contro le libertà e i diritti civili”.
“Anche ieri – ha detto ancora – abbiamo inaugurato un’opera d’arte alla biblioteca delle Oblate, realizzata da due giovani, perché l’incontro fra generazioni è fondamentale per tenere viva la memoria. Non c’è libertà senza cultura, e non c’è cultura senza memoria”.