FIRENZE – Ad un mese dal voto, con il deposito dei nomi dei candidati e delòle liste, i numeri sono ufficiali per le prossime elezioni regionali: 7 candidati aspiranti governatore, 10 liste: ovvero tre liste e 2 candidati governatore in più rispetto al 2010 (ma allora il M5S non esisteva, Pd e Sel erano alleati, e il Popolo delle Libertà andava con la Lega Nord).
Come 5 anni fa, candidato da battere è Enrico Rossi, presidente uscente ricandidato alla guida di una coalizione sostenuta da Pd e dalla lista civica “Popolo Toscano”, che raccoglie candidati di provenienza diversa (socialisiti, ex-dipietristi, ed-Udc). Tre i candidati dell’ex centro-destra: Stefano Mugnai, consigliere regionale uscente, è candidato governatore per Forza Italia e sostenuto dalla lista “Forza Italia-Lega Toscana-Più Toscana” (guidata da Antonio Gambetta Vianna, ex lega Nord Toscana), Claudio Borghi guida il “Fonte di Liberazione Toscano”, il cartello elettorale creato da Lega nord e Fratelli d’Italia, mentre Giovanni Lamioni è il candidato di “Passione per la Toscana” cui fa riferimento al lista NCD-Area Popolare. Sulla sinistra, Tommaso Fattori è il candidato governatore della coalizione “Sì – Toscana a Sinistra” che riunisce tra gli altri, Sel, Prc-Ci e movimenti. Il Movimento 5 Stelle presenta come candidato residente il massese Giacomo Giannarelli, mentre il consigliere regionale uscente Gabriele Chiurli (ex Lega Nord Toscana, poi “Più Toscana” ed infine gruppo misto) si candida a presidente con la lista “Democrazia Diretta”.
Si voterà con una nuova legge elettorale, il cosiddetto “toscanellum”: un voto per il presidente, ed un voto per la lista, con possibilità di voto disgiunto. Governatore eletto al primo turno se otterrà più 40% dei voti, altrimenti si va a ballottaggio. Il Consiglio è stato ridotto a 55 a 40 membri. Ottengono seggi le liste che superano il 5% (oppure il 3%, ma solo se la coalizione cui partecipano supera il 10%). Per le liste – quasi tutte – che hanno deciso di non avvalersi della possibilità del “listino bloccato” (tre nomi a livello regionale), quindi a deciderà saranno le preferenze: uno o due nomi, a patto che siano di sesso diverso. Poco meno di 3 milioni gli aventi diritto al voto, obiettivo è limitare l’atteso calo della partecipazione: nel 2010 votò il 60,7% circa degli aventi al voto.