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Acqua “salata” per gli utenti toscani, Firenze la città più cara d’Italia. Federconsumatori: “Con la multiutility sarebbe ancora peggio” – ASCOLTA

today06/02/2025

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    Laura Grandi, pres. Federconsumatori Toscana, 6 febbraio 2025

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TOSCANA – Il costo dell’acqua corrente in Italia è sempre più alto – gli aumenti nel peirodo 2016/24 sono in media del 40% – ma la Toscana fa anche peggio. Con poche eccezioni, le tariffe degli enti di gestione sono sopra la media italiana (354 euro per 150 metri cubi l’anno), e Firenze è la maglia nera: il capoluogo regionale, con una spesa di ben 564 euro l’anno è la città più cara d’Italia, sfigurando letteralmente nel confronto con i prezzi di città come Milano (160,13 euro), Campobasso (191,18 euro) e Napoli (193,64 euro). E’ quanto risulta dal XVI rapporto nazionale sulle tariffe idriche, realizzato da Federconsumatori con la collaborazione della Fondazione Isscon.

Federconsumatori chiede di “agire sui costi, definendo un prezzo calibrato alla capacità reddituale dei cittadini”, come anche di “avviare un serio piano di investimento per rendere più efficiente, moderna e sicura la rete”, che oggi soffre di un alto tasso di dispersione, e infine di “avviare una seria campagna di sensibilizzazione sulla gestione della risorsa idrica, per promuovere un uso responsabile da parte di tutti”. Secondo Fabrizio Ghidini, vicepresidente di Federconsumatori, suggerisce di “legare la tariffa idrica, ad esempio, al reddito delle persone”, perché oggi “ci sono bonus, ci sono agevolazioni, ma legarla proprio al reddito sarebbe un fatto importante”.

In Toscana, le alte tariffe sono giustificate dall’AIT, l’Autorità idrica Toscan, sono spiegate con l’alto livello degli investimenti, ad esempio sulla depurazione: “Gli aumenti e le tariffe non sono giustificabili solo in base a questo – attacca laura Grandi, Federconsumatori Toscana – la vera ragione è che gli investimenti, per decisione dei Comuni soci di Ait, vengono scaricati sulle tariffe della bolletta anziché sugli utili”. Milioni che finiscono nelle casse degli stessi Comuni e dei soci provati (Acea nel caso di Publiacqua). Come fare a cambiare la situazione? “Basterebbe la volontà politica dei Comuni, riportare il controllo del pubblico sul servizio idrico” dice Grandi. Ma anche cambiare modello industriale: “Milano e Napoli, i comuni con le tariffe più basse, hanno società di gestione municipalizzate, quindi totalmente pubbliche” e non pubblico-provate come in Toscana. E avverte: questa soluzione sarebbe ancor meno raggiungibile “se in Toscana si dovesse andare, come si vuole, verso il modello di una multiutility a forte presenza di capitale privato, che spingerebbe verso una maggior remunerazione del capitale “.

Scritto da: Redazione Novaradio


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