Cultura

Al MAD due mostre che riflettono su identità e memoria nell’ambito del 10° Black History Month Florence – ASCOLTA

today04/02/2025

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    Justin Rundolph Thompson, direttore artistico Black History Month Florence

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    Valentina Gensini, direttrice artistica MAD

FIRENZE – Si rinnova con l’inaugurazione di due mostre la collaborazione tra MAD Murate Art District, Fondazione MUS.E e Black History Month Florence, iniziativa dedicata alle culture afro-discendenti nel contesto Italiano. Nell’ambito della decima edizione della rassegna le Murate Art District ospitano dal dal 6 febbraio al 4 maggio 2025 “Divorando le pietre”, personale dedicata all’artista Georges Adéagbo, e “William Demby: Tremendous mobility”, progetto che esplora l’archivio di Demby, scrittore e artista dell’Italia del dopoguerra.

Il tema dell’edizione 2025 di Black History Month Florence è Tempo Rubato, un concetto che si presenta come un duplice invito alla riflessione e alla critica. Carter G. Woodson, educatore e fondatore del Black History Month Florence in America, quasi un secolo fa affermava: “Chi non conserva le testimonianze delle imprese dei propri antenati perde lo stimolo offerto dall’insegnamento delle loro vite e della storia”. La privazione di tali storie marginalizzate, oscurate e cancellate, conduce infatti a una perdita della capacità creativa. Tempo Rubato si ispira inoltre al lessico musicale, in cui il termine “rubato” induce il performer a interpretare la temporalità in base alla propria espressione poetica, alternando rallentamenti e accelerazioni, temperati dalla sensibilità individuale. Tale invito a “raccogliere il tempo nelle nostre mani” è il fulcro delle due mostre Divorando le pietre e William Demby: Tremendous mobility.Divorando le Pietre (allestita in sala Laura Orvieto) celebra il lavoro di Georges Adéagbo, in dialogo con tre città italiane (Roma, Venezia e Firenze). La mostra consolida l’impegno di BHMF nell’evidenziare il ruolo dell’Italia come sito di produzione artistica che interseca generazioni e riferimenti culturali differenti.

Attingendo al concetto di “Tempo Rubato”, Divorando le Pietre prende il titolo dal detto “Il tempo divora le pietre”, che ne traduce lo scorrere inesorabile, estraneo ai cicli vitali associati all’umanità. Impiegando forme complesse di collage che ripensano il tempo e la geografia, la mostra innesca riflessioni sulle tradizioni artistiche e spirituali, volte a decostruire preconcetti consolidati nella società. “Cammino, penso, vedo, passo, ritorno, prendo gli oggetti che mi attraggono, vado a casa, leggo cose, prendo appunti, imparo”. Così Georges Adéagbo descrive il suo processo creativo, che spesso si manifesta sotto forma di costellazioni astratte. La realizzazione delle sue opere inizia con la raccolta di materiali durante le passeggiate attraverso il continente africano e prosegue con l’aggiunta progressiva di frammenti reperiti nelle città in cui espone. Per questa mostra, Adéagbo rielabora opere concepite durante i progetti svolti nel 2008 a Roma, Venezia e Firenze, sovrapponendo sculture in legno, libri, oggetti quotidiani e reperti provenienti dal Benin all’interno di collage che assumono così una natura dinamica.
Le installazioni esposte presso MAD Murate Art District instaurano un dialogo visivo tra l’eredità storica di Firenze – le sue mappe, i suoi affreschi e la sua architettura – e i molteplici aspetti che definiscono l’identità di un luogo. Adéagbo intreccia connessioni tra esperienze personali, reinterpretazioni culturali e associazioni stratificate, dando vita a una ‘archeologia della conoscenza’ che svela nuove narrazioni ed esplora le complessità dello scambio culturale. In questo senso, la sua pratica corrisponde a un’‘archeologia della mente’ che inverte i ruoli tra esploratore ed esplorato.

La mostra William Demby: Tremendous mobility – allestita al primo piano in Sala Anna Banti, in Galleria e nelle Celle – è invece un progetto elaborato nell’ambito della residenza permanente di Black Archive Alliance presso MAD, iniziata nel 2021. La piattaforma, promossa dal centro di ricerca The Recovery Plan, è dedicata all’indagine, in archivi pubblici e privati, sui legami esistenti tra l’Italia, il continente africano e la sua diaspora. La mostra attinge alla figura eclettica di William Demby – autore, giornalista, musicista e attore – per rivelare l’energia stratificata della produzione culturale del dopoguerra, segnata da eventi d’impatto internazionale. L’eterogenea pratica di Demby attraversa un momento cruciale che ha plasmato la realtà culturale contemporanea dell’Italia.
Figura di rilievo nell’ambiente culturale dell’Italia del dopoguerra, William Demby e la sua eredità meritano ulteriori approfondimenti. La partecipazione nell’Avanguardia degli anni Cinquanta a Roma, l’impegno nella raccolta di opere d’arte, il ruolo nel plasmare l’interdisciplinarità dell’arte, insieme ai contributi sperimentali offerti al canone letterario, ne attestano il ruolo di primo piano nel panorama artistico; gli scritti relativi all’Etiopia e all’Eritrea nel periodo post-coloniale, oltre alle recensioni di eventi chiave, come il Secondo Congresso degli Scrittori e Artisti Neri del 1959 e la Biennale di Venezia (data), rivelano una prospettiva e una visione critica singolari. La mostra espone documenti e fotografie inedite, in aggiunta a una raccolta di pubblicazioni e riflessioni artistiche inerenti all’impatto storico di William Demby, curate da Kevin Jerome Everson e Justin Randolph Thompson.
Il progetto si sviluppa all’interno della residenza pluriennale The Recovery Plan presso MAD Murate Art District, che si articola attraverso la piattaforma di ricerca Black Archive Alliance, avviata nel 2021. La mostra, grazie al contributo della ricerca di Melanie Masterton Sherazi e Shelleen Greene, raccogliendo anche gli esiti di recenti contributi accademici e in stretta collaborazione con James Demby, custode dell’archivio e dell’eredità dei suoi genitori, rappresenta un contributo inedito alla vicenda artistica di questo protagonista afrodiscendente nelle arti della seconda metà del Novecento.

Le due mostre, che verranno inaugurate il 5 febbraio alle 17:30, rappresentano il nucleo della visione e dell’approccio di The Recovery Plan, che incoraggia l’accessibilità degli archivi, il recupero della storia e un costante lavoro di aggiornamento della sua eredità.

Scritto da: Redazione Novaradio


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