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Se oggi le notizie che arrivano stamani raccontano soprattutto dell’avanzata di terra dei carri armati israeliani da sud fino a poche decine di chilometri da Damasco, nel complicato contesto politico-militare della Siria dopo la caduta del regime di Assad grandissima copertura mediatica viene data alle azioni dell’ “Organizzazione per la liberazione del Levante” (in arabo Hayat el Tahrir al Sham, HTS) e del suo leader Mohammad al Jowlani, che dalla roccaforte di Idlib in pochi giorni di avanzata verso sud ha preso il controllo di Hama, Homs e Damasco.
Pochissime informazioni arrivano invece dall’altro fronte dell’avanzata degli insorti: quello nell’est del paese, in cui opera l’altra organizzazione del fronte anti-Assad. Si tratta dell’Esercito Nazionale Siriano, anch’esso pagato e armato dalla Turchia, che però è assai diverso da HTS. A dispetto del nome non è composto da siriani, ma in gran parte da mercenari un tempo appartenenti all’ISIS e ad Al Quaeda, che in queste ore stanno avanzando verso il territorio del Rojava, la Confederazione Democratica a guida curdo-siriana, da sempre avversati dalla Turchia. Sui social già circolano immagini dell’ingresso dei miliziani nella città di Manbiji (Hierapolis), che testimoniano esecuzioni sommarie perfino tra i feriti degli ospedali.
“Manbiji è la pota di accesso verso Kobane – spiega Manfredi Lo Sauro, responsabile cooperazione internazionale Arci Firenze: “E chiaro il tentativo della Turchia, secondo esercito della Nato, di approfittare della situazione e usare i suoi proxy per abbattere il Confederalismo Democratico. Nel silenzio della comunità internazionale. Per i curdi sarebbe l’ennesimo tradimento da parte dell’Occidente, che per anni li ha usati per combattere l’ISIS”