È il più sottovalutato della vecchia fattoria, e non solo. Quello bruttino, incompreso, spesso male interpretato.
In un mondo di animali più esotici, eleganti e fascinosi, l’asino è lì con tutte le sue apparenti contraddizioni e la sua innegabile originalità ed è oggi copertina, titolo e animale guida del nuovo disco di Luca Galizia.
“Il canto dell’asino” – che nulla ha a che vedere con quello del cigno – esce oggi 25 ottobre per La Tempesta Dischi in vinile e in tutte le piattaforme digitali ed è il quinto album di Generic Animal, che lo ha interamente scritto e suonato. È coprodotto con Yakamoto Kotzuga, produttore e sound designer veneziano con cui è nata prima una nuova amicizia, poi un suono inedito.
Tredici canzoni nate dopo tre anni di gestazione, qualche pezzo in embrione ancora più indietro nel tempo, un lavoro accurato che arriva due anni dopo l’ultimo disco “Benevolent” e a un anno di distanza dall’EP “Rosso”. Anticipato dai singoli Bobby Ballad, Tokyo20/Spirito ed Eric che fai?, ospita un’unica voce, quella di Marta del Grandi, brillantemente incastonata nel lungo finale di Karaoke, timida e irrequieta canzone d’amore.
Dopo un’estetica volutamente confusa (nel 2020 c’era l’omino viola di “Presto” e nel 2022 il simpatico mostro di “Benevolent”), qui l’animale generico è per la prima volta specifico.
Un suono potente fatto di carne e ossa, rock avvelenato di R&B isterico, cantautorato italiano contaminato da chitarre nervose, voci sgolate e pianoforti scordati.
La chitarra regna sovrana ed esce dai soliti schemi: è reinventata e usata per scrivere e comporre anche per altri strumenti, come i pianoforti e i sax.
È il suo disco “più suonato”: le batterie sono granitiche e ostinate, come nella cavalcata finale di Tokio 20; le chitarre suonano a volte baritone, come un crossover alla Deftones, altre volte apparentemente drammatiche come nel riff stile The Smiths ne I Grandi, e ancora ecco le incursioni di assoli acidi di un disco glam rock, Fleetwood Mac di un futuro passato.
Un genere difficile da definire, complesso da etichettare. Come l’asino, che non si riesce a mettere a fuoco se sia animale pacifico o irritabile; che quando raglia non si capisce se sia più arrabbiato o felice, così Generic Animal fugge agli schemi e rimane fedelmente ancorato alla sua originalità.
Detto con le sue parole: Sto ragliando o è solo il modo in cui parlo? È un lamentio o è solo il modo in cui canto? È un’abitudine malsana o solo il modo in cui ho imparato a sopravvivere, che mi fa rimanere incompreso?
In questo disco ci sono storie vere, autobiografiche o egoriferite che dir si voglia. Il suo autore, ormai prossimo alla soglia dei 30 anni, si guarda indietro e racconta quello che è stato, con urgenza e semplicità.
C’è la vita e la solitudine del fuori sede (Zero), una ballata sarcastica (Bobby Ballad) e un’inquieta canzone d’amore (Karaoke), ci sono gli anni delle medie e un amico scomparso (Eric che fai?), fa capolino la spiritualità (Spirito).
C’è soprattutto “il rimuginare” alla Generic Animal: le riflessioni sospese di Tokyo 20, scritte su un volo intercontinentale; quelle arrivate di notte e a occhi sbarrati di 27; i sogni che prendono forma di Trampolini; la melodia (o forse il lamentio) di Giorgio Marrone, che ricorda l’importanza di prendersi cura di sé stessi e di chi si ama; diventare Grandi tra i grandi.
È un album fiabesco dove trovi tante storie e ti immedesimi con facilità. Che si snoda colorato come pagine di una graphic novel tra personaggi vestiti da Batman e vicini molesti.
Un disco allo stesso tempo allegro e malinconico, calmo e arrabbiato, epico e distopico, scritto con un tocco di sarcasmo e placida ironia.
Il Canto dell’Asino è una riflessione (positiva) su quello che è stato e che sarà, sulla cura e il volersi bene, tra lo stare e il fuggire.
Questo disco ha cambiato tante cose dentro di me. É un inno alla fine dei miei 20 anni: anti-escapismo, fatto di piccoli altarini, critiche e soluzioni.
L’album è stato registrato tra l’Outside Inside studio, a Volpago del Montello (TV), Bleach Recording a Gittana di Perledo (LC) e Crossfade studio, a Milano.
Mixato da Fight Pausa, masterizzato da Giovanni Versari, presso La Maestà studio. Alla costruzione e agli arrangiamenti del disco hanno collaborato tanti amici di Luca: Arianna Pasini, Fausto Cigarini, Giacomo Ferrari, Jacopo lietti, Marco Giudici.
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