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TOSCANA – Da oggi per l’Italia la “gestazione per altri” viene qualificata come reato universale: non solo quindi vietata nel nostro paese, ma anche perseguibile se portata avanti all’estero, con una pena che può arrivare fino a 2 anni di reclusione e una sanzione fino a 1 milione di euro. L’approvazione definitiva ieri al Senato ha riacceso una furiosa polemica politica, tra la maggioranza di centro-destra rivendica le norme come “di buon senso e contro la mercificazione della donna” e l’opposizione di centro-sinistra che parla di “legge aberrante”; in rivolta la comunità lgbtqia+ e le Famiglie Arcobaleno che parla senza mezzi termini di intenti persecutori.
Al di là delle valutazioni politiche, sono però molte anche le questioni irrisolte di carattere tecnico-giuridico e le incongruenze con norme di carattere generale e sovraordinato della Costituzione: “C’è una discriminazione di fatto sulla base dell’orientamento sessuale, perché tra coppia eterosessuali e omogenitoriali che hanno fatto riscorso all’estero sarà molto più evidente e facile da perseguire le seconde” spiega Matteo Mammini, avvocato della Rete Lenford: “Inoltre la legge si applica solo ai cittadini di nazionalità italiana; in caso di una coppia composta da persone di diverse nazionalità verrebbe punito solo il genitore italiano”. Per non parlare della questione di chi ha doppia cittadinanza, ad esempio italiana e statunitense o canadese, che sarebbe punibile in Italia ma non nell’altro paese di nazionalità. Dubbi anche sulle modalità di applicazione della legge, dato che la legge non specifica “quando” si considera commesso il reato (al momento del parto? del concepimento? dell’avvio delle pratiche di inseminazione? alla firma del contratto?) e gli effetti per le famiglie che si trovano “nel percorso” di questa procedura.
Anche l’argomentazione di voler impedire la mercificazione della maternità (in alcuni paesi, come gli Usa, le madri surrogate vengono pagate) “tecnicamente non a senso” perché “sovradetermina” l’effettiva motivazione e potrebbe portare, come avviene con il divieto di aborto, all’effetto contrario (un sistema clandestino). Infine, sottolinea Mammini, c’è una questione relativa ai figli nati con questa tecnica, che risulterebbero “frutto di un reato”, e quindi con “uno stigma sociale che rimarrà loro addosso”.