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FIRENZE – Dalla strage nei kibbutz israeliani ad opera di Hamas, ai 42 mila morti a Gaza, dalla brutalità dei rapimenti alla temuta estensione a livello regionale del conflitto: Cisgiordania, Yemen, Iran, Libano. Ad un anno dal 7 ottobre, la storia è qurlla di un crescendo – prevedibile e previsto- di violenza, morte distruzione. Un’ona che parte da Israele ma che si estende con le sue ripercussioni a livello globale, fino ad arrivare anche a casa nostra: con le proteste pro Palestina, gli sconti e le repressioni di piazza, gli allerta-sicurezza sui luoghi sensibili tra cui anche la Sinagoga e i luoghi della comunità ebraica di Firenze. In un clima che non accenna a stemperare le tensioni.
Lo si è visto in modo plastico anche pochi giorni fa, quando il Consiglio Comunale di Firenze ha approvato a larga maggioranza una risoluzione per chiedere il riconoscimento dello Stato di Palestina come pre-requisito per intavolare relazioni diplomatiche paritarie e rilanciare il processo di pace, rigettata dal centrodestra e aspramente criticata dal consolato israeliana e dalla Associazione Italia-Israele. Alo stesso modo, il ricordo dei fatti di un anno fa, ripropone le divisioni che hanno più volte impedito la società civile di chiedere in modo unitario il cessate il fuoco e in prospettiva la pace.
Nell’anniversario dall’inizio del conflitto, la comunità ebraica si riunisce alle 18 in Sinagoga, mentre il fronte pro-Palestina ha manifestato nei giorni scorsi, sia a Firenze che confluendo al corteo di Roma. “Impedire che le persone continuino a morire dovrebbe essere l’obiettivo comune al di là delle parte, e invece da parte di alcuni sembra dimenticarsi la tragedia” e “il massacro di Gaza”. “Quello che manca è una mobilitazione efficace” dal punto di vista politico, commenta Dmitrij Palagi, Sinistra Progetto Comune: “La vera sconfitta è la politica” e l’assenza di un ruolo “del’Unione Europea”: “Non si può rimanere appesi ai risultati delle presidenziali USA, anche perché il livello del dibattito dovrebbe suggerirci che non si può aspettare”.