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Mura, sepolture, monete, ceramiche di epoche diverse nello scavo della pieve romanica di San Pietro in Bossolo a Tavarnelle – ASCOLTA

today01/10/2024

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    Chiara Marcotulli, archeologa direttrice dello scavo

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FIRENZE – Uno sito archeologico che racconta di un area abitata per secoli, dall’epoca tardo antica, fino ai nostri giorni. È lo scavo realizzato nell’area adiacente alla pieve romanica di San Pietro in Bossolo, a Tavarnelle Val di Pesa, che, giunto alla quinta campagna di indagine, sorprende ancora per la varietà e la pluralità degli strati, oggetto dell’indagine, e l’origine dei ritrovamenti appartenenti a epoche diverse.

Nell’area è stata rilevata la presenza di porzioni di strutture murarie, alcune sepolture e numerosi reperti che raccontano una storia poco nota che spazia dal periodo alto medievale fino all’epoca tardo antica. Tra i dati raccolti sul campo, grazie al lavoro dei Laboratori Archeologici San Gallo, emerge in sintesi una lunga frequentazione del sito archeologico di San Pietro in Bossolo, caratterizzato dalla presenza di alcune porzioni di murature che sono state riadattate e riutilizzate nel corso del tempo.

Ad illustrare le novità ed aggiornare sullo stato di avanzamento della ricerca scientifica, finanziata dalla giunta Baroncelli, è l’archeologa Chiara Marcotulli, direttrice dello scavo: “Si tratta di un sito pluristratificato e scientificamente molto interessante le indagini confermano che è stato rinvenuto un sito che ha attraversato molti secoli di vita, abbiamo individuato strutture di epoca antica, probabilmente romana, che non sono state ancora completamente messe in luce, che dimostrano di essere state riadattate e riutilizzate in modi diversi durante una lunga fase di abbandono, rappresentata dai livelli che stiamo scavando. Lo studio dei reperti, fra cui soprattutto frammenti ceramici e alcune monete, ci permette di datare questa fase di vita del sito al periodo tardo antico, fra IV e VII secolo d.C. A questo periodo sono ascrivibili le tre sepolture fino ad ora rinvenute”. “Abbiamo inoltre probabilmente intercettato – prosegue l’archeologa – strutture di epoca successiva, databili, allo stato attuale delle nostre conoscenze, intorno all’XI secolo, che ancora non sono del tutto identificabili per forma e per estensione ma che sono ascrivibili all’orizzonte cronologico del castello citato dalle fonti scritte nel 1038”. “Stiamo esplorando epoche meno note – commenta Marcotulli – attraverso la documentazione scritta, come i secoli che intercorrono fra la fine del mondo antico e l’inizio di quello medievale, e che invece possono essere indagate materialmente attraverso la ricerca archeologica”.

Il gruppo di lavoro è composto dagli archeologi Lapo Somigli, Laura Torsellini, Benedetta Pacini, Chiara Santini che ha elaborato la tesi di specializzazione sui reperti ceramici rinvenuti nel sito di Tavarnelle e dalla studentessa Arianna D’Angelo della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Firenze. Lo scavo è promosso e realizzato dal Comune di Barberino Tavarnelle e dalla Società Cooperativa Laboratori Archeologici San Gallo, sotto la supervisione della Soprintendenza, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato.

Scritto da: Redazione Novaradio


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