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TOSCANA – L’Associazione Luca Coscioni ha inviato anche alle Azienda sanitarie toscane una diffida per garantire il diritto alla salute per i detenuti a causa del sovraffollamento dei penitenziari, pari in Toscana al 99% (3.059 uomini e 85 donne) secondo quanto affermato in una nota. In totale l’Associazione ha inviato 102 diffide delle direzioni generali delle Asl delle città dove si trovano i 189 istituti penali italiani. “Si tratta – si spiega – di diffide ad adempiere al proprio compito stabilito dalla legge: procedere a sopralluoghi nelle strutture penitenziarie di loro competenza con il fine di apprezzare le circostanze relative all’igiene e le profilassi delle stesse, della fornitura di tutti i servizi socio-sanitari e di agire di conseguenza, qualora esse non siano a norma”.
L’iniziativa è stata lanciata “alla luce della pressoché totale mancanza nel recente decreto carceri di misure strutturali volte a garantire il diritto alla salute nei 189 istituti di pena in Italia che tiene in considerazione il fatto che ai direttori generali delle Aziende sanitarie spetta il compito di riferire al ministero della Salute e quello della Giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare”. Il testo è stato predisposto dagli avvocati Francesco Di Paola, Simona Giannetti e Silvia Sole Savino, coordinato da Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e da Marco Perduca, promotore dell’iniziativa per l’Associazione Luca Coscioni.
“In quanto organizzazione della società civile, pur concordando con le rare proposte di depenalizzazione e decarcerizzazione e sostenendo la necessità e l’urgenza di misure deflattive come indulto o amnistia, mai evocate nel dibattito parlamentare, potevamo ‘”solo’ attivare quanto previsto dal nostro ordinamento e non restare inerti di fronte all’illegalità diffusa contro cui le istituzioni continuano a non adottare misure all’altezza della gravità della situazione – affermano Gallo, Perduca e Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione -. Nel caso in cui le nostre diffide dovessero cadere nel vuoto torneremo a interessare le autorità competenti regionali e cittadine nelle forme previste dalla legge nazionale e gli obblighi internazionali dell’Italia affinché la salute in carcere venga fatta godere pienamente come diritto”.