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FIRENZE – Oltre 200 tra docenti, assegnisti, dottorandi e tecnici-amministrativi dell’Università di Firenze hanno sottoscritto una lettera-appello per chiedere ai propri rappresentanti “di non aderire al bando di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele pubblicato dal Maeci”. Nella lettera si fa riferimento alla protesta nazionale in corso contro il bando “che ha raccolto la sottoscrizione di quasi 2.000 accademici italiani e richiamato le istituzioni italiane al proprio obbligo di prevenire e di non essere complici in atti di genocidio secondo la Convenzione Onu del 1948, oltre che al precedente del Senato Accademico dell’Università di Torino, che ha giudicato non opportuna la partecipazione al bando Maeci, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza”. “Nel bando sono previsti alcune linee di finanziamento che riguardano tecnologie ottiche avanzate che possono avere ricadute militari ma anche quelle riferite alle risorse idriche che sono critiche sul fronte delle politiche interne perché fattore di discriminazione er la popolazione palestinese” spiega a Novaradio Leonardo Bargigli, docente di economia politica all’Università di Firenze.
Nel loro appello i firmatari chiedono a rettrice, componenti del Senato accademico e Cda dell’Ateneo fiorentino di seguire l’esempio di Torino e della Normale di Pisa per “non abdicare ai fondamentali valori di umanità e solidarietà di fronte ad una strage ripugnante che si sta svolgendo, giorno dopo giorno, proprio sotto i nostri occhi”. Serve, si spiega, un “‘segnale forte di dissenso’ contro le politiche di Israele, convintamente sostenute dal Governo italiano, ‘per evitare un’escalation che rischia di essere senza ritorno’, e ‘contro la follia della guerra’”. Per lo stesso motivo i firmatari invitano i propri colleghi a “opporsi all’approvazione di eventuali progetti redatti in risposta al bando Maeci nei propri dipartimenti”. Ancora non è arrivata alcune risposta da parte della direzione dell’ateneo fiorentino: “non sappiamo se e quando sarà posto all’ordine del giorno,. l’importante – aggiunge Bargigli – che il tema diventi oggetto di dibattito pubblico”.