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TOSCANA – L‘8 e 9 giugno prossimi, tra i cinque referendum cui gli italiani saranno chiamati al voto c’è anche il cosiddetto “Referendum sulla cittadinanza”: il quesito riguarda il “dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana”.
In concreto, si chiede di votare “sì” o “no” all’abrogazione di alcune norme della legge sulla cittadinanza: l’effetto di risulta è la riduzione dagli attuali 10 a 5 anni di residenza legale in Italia necessari agli stranieri maggiorenni per poter richiedere la cittadinanza italiana. La quale, una volta ottenuta, passerebbe in modo automatico anche a figli e figlie minorenni.
La modifica. spiegano i promotori – tra cui associazioni come CoNNGI, Libera, ASGI, A Buon Diritto, ARCI, ActionAid, Oxfam Italia, CittadinanzAttiva, Open Arms, e molti altri, e partiti tra cui Più Europa, Possibile, Radicali Italiani, PD, PRC, Verdi e Sinistra italiana – rappresenterebbe una svolta per qualcosa come 2,5 milioni di stranieri residenti, e permetterebbe loro la fruizione di diritti e opportunità tra cui il diritto di voto e la piena libertà di movimento, la partecipazione a competizioni sportive e percorsi di studio all’estero, l’accesso a concorsi pubblici che ora sono negati.
Al momento infatti la cittadinanza può essere chiesta solo dopo 10 anni di residenza dai maggiorenni, mentre per i figli può essere richiesta al compimento della loro maggiore età, per un tempo limitato, e dietro presentazione di una complessa serie di documenti che attestano non solo la residenza continuativa, ma anche la capienza economica, la fedeltà fiscale e contributiva, la pulizia delle fedina penale.
Senka Majda, dell’associazione “I partecipate”, nata a Tirana ma in Italia dall’età di 7 anni, è laureata in Scienze Politiche con un master in Gestione delle risorse umane nelle imprese pubbliche e private: “Io sono cresciuta qua, ho fatto tutte le scuole in Italia ma ho acquisito la cittadinanza solo a 25 anni. Questo ha inciso sul mio percorso di studi e formazione professionale. Avendo studiato scienze diplomatiche e relazioni internazionali no ho potuto accedere agli Erasmus, ai programmi di formazione all’estero e ai concorsi che mi hanno impedito di completare il mio percorso e di rappresentare l’Italia”. “Chi nega questo diritto a giovani stranieri – aggiunge – nega una realtà che c’è già. E la voglia degli stranieri che hanno scelto l’Italia volutamente per costruire il proprio futuro rapresenta yn gesto patriottico enorme”
Se vincesse il “sì” si abroga la norma introdotta ad inizio millennio e si ripristinerebbe la precedente legge che prevedeva 5 anni di residenza minimi per richiedere di diventare italiani, allineando tra l’altro in nostro Paese a gran parte dell’Europa: “La maggioranza dei principali paesi europei tra cui Inghilterra, Francia e Portogallo si attestano su una media di 5 anni, e nel nel 2024 la Germania ha approvato una legge che riduce da 8 a 5 gli anni di residenza” ricorda Federico Oliveri, filosofo del diritto, ricercatore del Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace, che aggiunge: “Ma è una questione di giustizia quella che siamo chiamati ad affrontare: quella di persone che vivono e si sentono italiane ma che vengono sistematicamente escluse, tenute al rango di sudditi sotto il ricatto dell’espulsione per finalità politiche e interessi economici”.