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DESTINAZIONE FUTURO - Ep.5 - Obiettivo 16: Pace, giustizia e istituzioni forti
Giuseppe Fanfani, garante detenuti della Toscana, 17 febbraio 2025
Luca Bisori, Fondazione Formazione Forense Firenze, 17 febbraio 2025
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TOSCANA – Due suicidi in 12 ore nelle carceri toscane – un 39enne romeno a Sollicciano e un 20enne marocchino alla Dogaia di Prato, entrambi in attesa di giudizio – riaccendono il dibattito sulle condizioni di invivibilità della detenzione nella nostra Regione, dove dall’inizio dell’anno si contano già tre morti suicidi. “La simultaneità non conta – commenta a Novaradio Giuseppe Fanfani, garante toscano dei detenuti – la gente in carcere si suicida perché non ha alternativa, speranza, futuro”. Per il garante non è un caso che i due fossero da poco stati tradotti in carcere, né il luogo dove sono avvenuti: “Gran parte dei suicidi avvengono nelle prime fasi di detenzione, perché l’impatto con il carcere” osserva, aggiungendo che la Dogaia e Sollicciano, con oltre 500 detenuti ciascuna, sono le carceri più affollate della Regione: “Con questi numeri impossibile un rapporto umano, diretto di solidarietà, né di un reale percorso riabilitativo”. Se da un lato le carceri piccole mostrano di funzionare meglio, e servirebbe un alleggerimento dell’affollamento carcerario, le politiche sul carcere, dalla quella penale ai piani di edilizia sembrano andare in altra direzione: “Anche non i nuovi reati, a finire in cella sono solo i disgraziati, il carcere è sempre più classista”. E le istituzioni locali cosa possono fare? Poco, per il garante senza una volontà politica dello Stato: “Se si dice no all’amnistia, no all’indulto, no alla liberazione anticipata, rimane solo carcere, e il carcere porta alla disperazione”.
Della necessità di provvedimenti “emergenziali” è convinto anche Luca Bisori, presidente della Fondazione per la Formazione Forense dell’Ordine degli avvocati di Firenze, che solo pochi giorni fa ha collaborato ad organizzare il convegno “Carcere, un istituzione al collasso” con una tavola rotonda dall’eloquente titolo “Sollicciano deve chiudere?: “Dopo anni di lavoro a Sollicciano le condizioni sono solo peggiorate: allora chiudiamolo” afferma. Ma come? “Ci vuole la volontà politica a livello nazionale di fare un gesto preceduto da gesti altrettanto emergenziali: occorre un indulto, il sovraffollamento non è più tollerabile. E a Sollicciano, dopo tanto traccheggiare, occorre una soluzione drastica”. Per Bisori, ciò cui si dovrebbe mettere mano è una revisione del codice penale, ancora troppo fondato sulla pena detentiva, laddove altri sistemi si sono aperti pene alternative: “Gran parte dei detenuti stanno scontando una pena inferiore a 18 mesi, una cosa senza senso dal punto di vista criminologico”. Ma gli avvocati cosa possono fare? “Bene i ricorsi ai magistrati di sorveglianza contro la disumanità della detenzione, e anche un nuovo ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma quel che bisogna fare è smuovere i decisori: la politica e l’amministrazione penitenziaria”.
Scritto da: Redazione Novaradio
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