Con il ritorno a a casa dei primi tre ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre 2023, la liberazione di 90 detenuti palestinesi, e l’ingresso nella Striscia di Gasa dei primi 600 camion con aiuti umanitari, è entrato ieri in vigore l’accordo tra Israele e Hamas sul cessate il fuoco. E mentre il presidente Usa entrante, Donald Trump saluta l’evento come “primo passo verso la pace” ci si interroga se la tregua potrà durare per i 42 giorni previsti e che cosa succederà dopo. Molti sono infatti gli interrogativi: dalla strategia effettiva del premier Netanyahu al comportamento della estrema destra israeliana, dall’effettiva forza di Hamas alle conseguenze della tregua nel mondo palestinese. “I sentimenti di gioia e preoccupazione si accavallano” dice Alì Rashid, già capo delegazione dell’Anp in Italia : “Il ritratto che di Hamas viene fatto in Italia è molto diverso dalla realtà, è sempre considerato come il più autorevole rappresentante del popolo palestinese” avverte: “Non ci fidiamo di Israele: tutte le organizzazioni palestinesi infatti hanno dichiarato di voler rispettare gli accordi, mentre per una parte di Israele e la tregua è stata imposta”. Per il futuro – aggiunge – la prospettiva di due popoli due stati è morta, da Trump non ci aspettiamo grandi cambiamenti. Ci vuole un forte impegno diretto della comunità internazionale”. Scettico sull’ipotesi di un “protettorato” da parte di una coalizione di pesi arabi: “Non possiamo essere governati da paesi i cui rappresentanti non sono stati eletti. L’unico futuro per la Palestina passa dalla possibilità del Popolo palestinese di eleggere i propri rappresentanti”. Nuove elezioni, che però chissà se e quando potranno tenersi.