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FIRENZE – Uno spettacolo politico e ironico per raccontare il corpo che invecchia mentre l’anima conserva la verve per lanciarsi in atti sfrenati. È “Ma l’amor mio non muore / Epilogue”, ultimo lavoro della compagnia belga Wooshing Machine, in scena in prima italiana sabato 11 gennaio ore 21.00 al Teatro Cantiere Florida di Firenze nell’ambito della stagione a cura di Versiliadanza.
Seguito naturale della Trilogia della Memoria, lavoro in tre atti che ripercorreva la vita degli autori, lo spettacolo intreccia ricordi intimi e memoria collettiva nell’impronta lasciata dalla vita sui tre danzatori e coreografi – Carlotta Sagna, Mauro Paccagnella e Alessandro Bernardeschi – figli degli anni settanta e ottanta italiani, emigrati in Francia e in Belgio alla ricerca di fermento politico, sociale e culturale.
Un lavoro che, nello stile che contraddistingue la formazione, fa convivere gravità e allegria, disinvoltura e disarticolazione, gigioneria e autoironia, gioia selvaggia e gravità. È vero che l’amore non muore, ma il tempo passa e i corpi dei monelli ne portano il peso. Il pubblico sente scricchiolare le articolazioni degli artisti: davanti a loro si spezzano. Quando un corpo minaccia di cadere è il compagno che si regge, si sostiene, prima di barcollare all’indietro, e non si può evitare di porsi una domanda bruciante e universale: che fare coi nostri involucri mortali?
Con la Trilogia della Memoria Paccagnella e Bernardeschi, all’epoca cinquantenni, affrontavano la prova del tempo rivisitando 20 anni di sodalizio artistico, culturale e storico. Adesso, sessantenni, creano un nuovo spettacolo che prende il titolo dall’omonimo film del 1913 con la diva del muto Lyda Borrelli, danzatrice e attrice magistrale dalle movenze intense, cariche di emozioni, intensità e languore. “Ma non è tutto: Lyda Borelli ha dato il suo nome a una casa di riposo per artisti, quindi il titolo ci è sembrato più che appropriato!”, scherzano gli autori. L’umorismo gioca un ruolo essenziale, creando la distanza necessaria per guardare con giustizia alle storie personali dei tre interpreti e aprendo uno spazio catartico e liberatorio.