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FIRENZE – Avanti con il processo di aggregazione dei servizi pubblici e nell’estensione territoiale della cosiddetta Multiutility, la holding finanziaria destinata a raggruppare le società dell’energia, acqua e rifiuti della Toscana centrale (tra cui Alia, Estra e Publiacqua) e con l’indicazione al management di “esplicitare” forme alternative di finanziamento rispetto alla quotazione in Borsa. Queste le indicazioni del documento approvato a maggioranza il 23 ottobre scorso dall’assemblea dei soci con cui sindaci dei territori coinvolti – in particolare quelli di Firenze, Prato e Empoli che da soli detengono la maggioranza delle quote – hanno ribadito l’orientamento politico già concordato con la segreteria del Pd Toscana.
Il fonte dei sindaci Pd non è però granitico: un gruppo di 11 sindaci (Sesto Fiorentino, Cantagallo, Calenzano, Campi Bisenzio, Borgo San Lorenzo, Carmignano, Vaiano, Agliana, Vicchio, Rufina, Castelfranco Pian di Scò), tra cui anche alcuni del Partito Democratico, hanno votato un documento alternativo in cui si chiedeva di esprimere con maggior chiarezza il “no” alla quotazione in Borsa, assieme al “no” all’abbandono della prospettiva, sostenuta anche da alcune componenti interne al Pd, dello scorporo dalla holding e ripubblicizzazione del servizio idrico, come previsto dal referendum popolare del 2011.
“Quello che chiediamo e che chiederemo con delle delibere de Consigli comunali è fermiamoci un attimo” dice il sindaco di Cantagallo, Guglielmo Bongiorno: “Le privatizzazioni finora non hanno mai portato alla riduzione delle tariffe, né a vantaggi per i piccoli Comuni” dice. Ma alla base c’è un punto politico: “Fare utili con l’acqua è sbagliato. Gli investimenti derivano non dai privati ma dall’introito di una tariffa, che pesa su tutti in modo uguale. Con il referendum del 2006 abbiamo votato la fine della remunerazione del capitale con la tariffa, e questo voto va rispettato “.