*
ROMA – L’uccisione stamani a Teheran del capo politico di Hamas Ismael Haniyeh è soprattutto “uno spot” che serve al premier israeliano Netanyahu e alla sua sopravvivenza politica, ma probabilmente renderà più complicato il quadro del conflitto e difficile il rapporto con i paesi arabi dialoganti e gli alleati, oltreché non indebolire la capacità militare di Hamas. E’ quando spiega Umberto de Giovannangeli, inviato speciale di lungo corso e esperto di Medioriente stamani ai microfoni di Novaradio: “Significativo – sottolinea – è non solo chi è stato colpito, ma quando e dove” ossia in Iran in occasione dell’insediamento del neopresidente della Repubblica. Quali scenari però a questo punto di aprono? Per Giovannangeli avrà non solo l’effetto di interrompere il percorso verso una tregua ma rendere più complicata la restituzione degli ostaggi rapiti, e anche i rapporti di Israele – oltre che con l’Iran – con gli stati del Mediorientale, perino quelli più dialoganti come Giordania e Egitto, con gli alleati Usa e l’Europa. Senza contare che l’uccisione di Haniye non scalfisce la forza di Hamas sul campo: “Haniyeh faceva parte dell’ala più dialogante, ma fra pochi mesi si sarebbe dovuto nominare il nuovo rappresentante dell’ala politica, con probabile avvento di Khaled Meshal. E dunque a che logica risponde il raid di oggi? “Continuare la guerra è la principale assicurazione sulla sopravvivenza politica per Netanyahu – rimarca de Giovannangeli – che sa bene che in caso di tregua, dovrebbe convocare nuove elezioni e rispondere delle responsabilità del 7 ottobre ad una commissione di inchiesta”.