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FIRENZE – L’idea della Regione Toscana di chiedere il pagamento delle spese sanitarie ai turisti extra comunitari risponde ad una necessità oggettiva di recuperare risorse utili a ridurre le liste d’attesa, ma non è di facile applicazione. E’ l’opinione di Marcello Pastorelli, presidente toscano della Simeu, la Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza a proposito dell’annuncio da parte del governatore Giani, due giorni fa, di aver dato mandato agli uffici dell’assessorato, di studiare le modalità con cui far pagare le spese sanitarie ai tanti turisti che , soprattutto d’estate ma non solo, che affollano i pronto soccorso toscani, spesso mettendo in crisi le capacità di risposta dei reparti Dea. Le modalità sono da individuare, anche se la strada che ipotizza è quella di assicurazioni sanitarie di viaggio obbligatori per i turisti. Secondo le stime della Regione si potrebbe racimolare qualcosa come 15 milioni di euro l’anno che potrebbero servire alla riduzione delle liste d0attesa, fronte su cui la Toscana è tuttora in sofferenza (soprattutto per visite specialistiche e diagnostica).
La legge che obbliga i turisti a contribuire alla spese ci sarebbe, ricorda Pastorelli, ma l’applicazione pratica si scontra con diversi problemi pratici. “Quello delle cure a pagamento è un sistema che funziona negli usa dove però il sistema è molto diverso”. Cosa fare ad esempio nel caso in cui un turista extra-Ue senza assicurazione si presenti al Pronto Soccorso per un infarto o ictus? Negare le cure in assenza di assicurazione o carta di credito? E poi, come conciliare l’obbligo a pagare con l’universalità e gratuità delle cure mediche che la Toscana assicura a tutti, anche coloro che non hanno documenti di identità validi, come ad esempio gli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno? Di qui le cautele del Simeu: “Si potrebbe prevedere l’obbligo – suggerisce Pastorelli – solo per i codici 4 e 5, quelli meno gravi (i vecchi codici bianchi), ma il soccorso in emergenza deve essere sempre garantito”. Il modello cui si guarda in Toscana è quello di altre Regioni, ma anche su questo Pastorelli avverte: “Al massimo l’Emilia-Romagna, non Lombardia e Veneto che sono sistemi molto diversi: là la sanità convenzionata è molto più diffusa”. Come dire: aprire a quei modelli, significa snaturare il modello toscano fondato sulla sanità pubblica, in particolare in emergenza.