FIRENZE – Doveva andare il scena lo scorso 4 luglio “Il giardino degli incontri”, lo spettacolo teatrale della Compagnia di Sollicciano, dedicato all’omonimo spazio del carcere fiorentino: la recita è però stata rimandata a data da definirsi dopo l’ennesimo suicidio, quando (proprio il 4 luglio) a togliersi la vita è stato Fedi, un detenuto di origine tunisina di appena vent’anni e con meno di un’anno di pena residua da scontare. È di ieri invece la notizia del suicidio di un 26enne nel carcere della Dogaia di Prato: si tratta del 60/o dall’inizio dell’anno.
“Giovedì 4 stavo acquistando il necessario per il buffet che avremmo fatto al termine dello spettacolo con detenuti e familiari, quando l’educatrice mi ha detto cos’era successo e che lo spettacolo doveva saltare”, racconta a Novaradio la regista Elisa Taddei, che da 19 anni conduce il laboratorio di teatro all’intero del carcere fiorentino. “A quel punto sono andata dalla direttrice per chiedere uno spettacolo a porte chiuse, solo per i familiari e i detenuti, ma sono partite le sirene per la rivolta scoppiata al giudiziario. Siamo quindi rimasti bloccati all’interno del carcere per diverse ore, fino a che non si sono calmate le acque”.
La compagnia è attiva tutto l’anno all’interno di Sollicciano e nonostante da due anni non possa usufruire dello spazio del teatro, inagibile per via dei danni al corridoio che lo collega al cortile, prosegue l’attività nelle aule della scuola del carcere e nello spazio all’aperto del Giardino degli incontri, grazie anche all’aiuto del personale. Rimane infatti importante per i detenuti la funzione riabilitativa del teatro, come spiega Taddei: “Facendo teatro in carcere la persona vive la relazione che instaura con il regista come nuova: non è più “il detenuto”, diventa una persona che fa teatro, che sta imparando un nuovo linguaggio insieme ad altre persone, si sente considerato in maniera diversa. Per qualcuno poi c’è anche una crescita personale”. “All’interno di Sollicciano – aggiunge la regista – ci sono tante iniziative, ma i problemi sono talmente strutturali che prima di pensare a cosa fare per le attività c’è bisogno di pensare a cosa fare per fare stare bene le persone: la prima cosa è il lavoro all’interno e all’esterno del carcere”, che migliora sostanzialmente la qualità di vita durante la detenzione. Per quanto riguarda il dilemma ‘ristrutturare o ricostruire Sollicciano’, “verrebbe da dire demolire, quel posto è marcio – commenta Taddei – o almeno facciano una ristrutturazione di quelle vere, perché i soldi spesi finora non hanno cambiato granché”.