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FIRENZE – Nemmeno il tempo di esultare per la decisione del Tribunale di Firenze che venerdì scorso ha accolto il ricorso di un ex lavoratore GKN e ha condannato l’attuale proprietaria QF a pagare gli stipendi arretrati da gennaio 2024, che a stretto giro è arrivata la replica da parte del liquidatore Fabio Franchi. Ed è stata una doccia ghiacciata: “Noi rimaniamo certi che nelle fabbriche occupate – recita una nota – non si ha diritto né alla cassa integrazione né alla retribuzione, a meno che, ledendo l’articolo 41 della Costituzione sulla libertà di impresa, non si decida che dove gli operai occupano le fabbriche, le imprese devono pagare lo stesso le retribuzioni a prescindere”.
Da parte loro i lavoratori GKN organizzati nel Collettivo di Fabbrica non sono disposti ad arrendersi, e anzi rilanciano la mobilitazione con quella che hanno definito la “settimana dell’imbarazzo”: stasera alle 20,30 torneranno a sfilare sotto le finestra della Regione Toscana in via di Novoli, dove nei giorni scorsi hanno svolto una “acampada” di protesta, in attesa dell’incontro proprio con i vertici della regione, annunciato per mercoledì prossimo: “Le questioni legali e giuridiche le lasciamo ai Tribunali” premette Dario Salvetti del Collettivo di fabbrica parlando stamani a Novaradio, facendo notare però come le dichiarazioni di Franchi punti a mettere pressioni sui giudici che però non sembrano essere disposti a farsi condizionare.
Gli operai, senza stipendio né cassa integrazione da 6 mesi, spiega Salvetti, tornano stasera in piazza e chiedono alla comunità solidale di fare altrettanto per ribadire le due loro richieste: “Il commissariamento dell’azienda (al governo, ndr, e l’impegno concreto per la legge regionale che istituisca un consorzio pubblico che davvero persegua la reindustrializzazione. La settimana dell’imbarazzo, precisa Salvetti, è proprio quella “loro”: dell’azienda e QF, che non ha mai presentato un piano di rilancio e per cui “noi operai saremmo dovuti essere licenziati da gennaio scorso per avere le mani libere sullo stabilimento”, ma anche quello della politica che finora non ha avuto il coraggio la volontà di agire, mentre “noi abbiamo dimostrato che un piano industriale credibile può essere elaborato in condizioni difficili”.