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FIRENZE – A Sollicciano e nelle carceri in generale c’è un’umanità sofferente, che vive e lavora in condizioni disumane, senza voce né speranza. Chi dovrebbe provare ad offrire questa voce e questa speranze, e anche soluzioni concrete, invece tace. E’ il grido d’allarme e di dolore che lancia don Vincenzo Russo, per oltre 20 anni cappellano di Sollicciano e attuale responsabile della pastorale per il carcere della diocesi di Firenze: il riferimento è alla politica in generale e alle istituzioni che si devono occupare di questioni legate al carcere, ma in senso specifico anche ai politici in queste settimane impegnati nella campagna elettorale delle europee e delle elezioni comunali: “I politici parlano di tutto, ma chi è che parla di carcere , chi dice qualcosa su Sollicciano e si cosa intende fare per questa macchina del dolore?” si chiede, e aggiunge: “Ci sono due aspetti su cui agire: il deserto che c’è dentro e i deserto che c’è fuori dal carcere”. Il riferimento è alla mancanza di provvedimenti che migliorino le condizioni di vita e i percorsi di formazione all’interno delle strutture di reclusione; e con il sostegno di progetti di reinserimento lavorativo e con la prevenzione. “Il tempo trascorso in carcere è un tempo vuoto, in cui ci si ammala o si muore. Ma anch equando si esce lo si fa per essere gettati in nuove e invisibili sbarre, fatte di assenza di casa, di lavoro, di relazione. I candidati sindaco ci dicano cosa intendano fare” chiede don Russo, che però un’idea ce l’ha: deve agire alla radice, “sulle condizioni di povertà” e le “diseguaglianze sociali” crescenti che sono alla base dei problemi di chi delinque.