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Suad Amiry, scrittrice
FIRENZE – Appuntamento domenica 12 maggio alle 16.30 al Giardino dei Ciliegi di Firenze per un incontro con la scrittrice e architetta palestinese Suad Amiry, in dialogo con Clotilde Barbarulli. Fondatrice e direttrice del Center for Architectural Conservation a Ramallah, Amiry ha scritto diversi romanzi il primo “Sharon e mia suocera” (2003), edito da Feltrinelli in Italia, è stato tradotto in 11 lingue, l’ultimo “Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea” (Mondadori) è invece uscito nel 2020 ed è ambientato ai tempi della Nakba, nel 1948.
“A Gaza sta accadendo una nuova Nakba, ma peggiore”, ha detto a Novaradio Amiry, “il mio ultimo libro è ambientato in quel periodo: se la gente non conosce cosa è successo nel ’48 non può capire costa sta succedendo a Gaza e nei territori occupati. L’80% della popolazione di Gaza cacciata oggi è la stessa gente cacciata dalla Palestina nel 1948, sono profughi da allora”. Secondo Amiry il ruolo delle potenze occidentali è determinante in questa situazione: “Agli USA basterebbe una telefonata per interrompere la guerra, ma sia loro che i paesi europei – Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia – sono criminali: tutte le armi che usa Israele arrivano da questi paesi. Non ho fiducia negli americani, l’unico motivo per cui hanno deciso lo stop all’invio di armi è perché questo sta mettendo a repentaglio l’elezione di Biden. Sono molto felice però di vedere una nuova generazione che protesta per la fine della guerra e tra di loro ci sono anche tanti studenti ebrei e questo è molto importante perché dimostra che l’israelismo non rappresenta tutti gli ebrei”.
Secondo la scrittrice la soluzione dei due popoli e due stati “ancora non funziona. Gli israeliani hanno occupato il 60% della Cisgiordania: sognano un giorno di svegliarsi senza palestinesi, ma il loro sogno è diventato il nostro incubo. Israele è in regime di apartheid, è un paese democratico solo per gli ebrei, gli arabi non hanno uguali diritti. Io vorrei dire agli Israeliani: voglio avere tutti i diritti che avete voi”. “Dall’inizio della guerra non dormo più, ho gli incubi – prosegue Amiry – . Non ho mai vissuto mesi così difficili e non riesco più a scrivere: ogni giorno sento notizie di amici a Gaza che perdono la vita, devono scappare, hanno la casa distrutta. È un’incubo. Per tutta la vita ho scritto libri che raccontano come si vive in Palestina, per far conoscere questa situazione, sperando di cambiare le cose. Questo non è successo purtroppo, ma continuo, perché credo che l’umanità debba vincere”.