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Dopo aver assistito con il fiato sospeso l’attacco iraniano ad Israele con droni e missili, ora comunità internazionale guarda con preoccupazione alle possibili conseguenze, con il timore di un contrattacco israeliano e le contromosse degli stessi alleati: se il governo Netanyahu si è affrettato a promettere una reazione, il presidente Usa Biden, che ha annunciato come gli Stati Uniti non avrebbero appoggiato una ritorsione che rischia di estendere il confitto.
“Dal punto di vista militare l’operazione dell’Iran è la cronaca di un attacco annunciato, magari non concordato in senso stretto, ma portato avanti con la volontà di non fare troppo male. La vera incognita è piuttosto la possibile Tel Aviv e Netanyahu, per cui l’estensione del conflitto è un’assicurazione sulla sua vita politica. Se si tornasse alla normalità scatterebbe la commissione di indagine sui fatti del 7 ottobre e ci sarebbero nuove elezioni, da cui probabilmente uscirebbe sconfitto”. E’ l’opinione di Umberto de Giovannangeli, giornalista e esperto di questioni mediorientali, inviato speciale dell’Unità, che stamani ai microfoni di Novaradio così analizza la situazione. E sui possibili scenari futuri dice di essere convinto che il maggior rischio di conflitto arrivi, più che da un nuovo conflitto aperto tra Israele e Iran, da Hezbollah in Libano, che è forte di un aresnale intatto che si stima di “100 mila missili” che in caso di attacco sarebbero ben più difficilmente intercettabili dai sistemi di difesa israeliani.