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LIVORNO – Ricorre oggi il 33/o anniversario dalla strage della Moby Prince: era il 10 aprile 1991 quando il traghetto si scontrò a pochi chilometri dalla costa labronica con la petroliera Agip Abruzzo, prendendo fuoco. Le vittime furono 140, con un solo sopravvissuto. Nessun responsabile finora accertato: dopo anni di inchiesta archiviate, negli ultimi anni sono emersi nuovi elementi che hanno contribuito a gettare nuova luce su quanto potrebbe essere avvenuto.
Quest’anno un ricordo di questa strage si terrà oltre che a Livorno anche per la prima volta anche a Montecitorio, da dove si spera che possa no arrivare risposte alle richieste di verità e giustizia, con il lavoro della terza commissione parlamentare di inchiesta da poco costituita: “Un segnale di attenzione importante da parte delle istituzioni, che da qualche anno dimostrano la loro vicinanza” a Novaradio Luchino Chessa, figlio del comandante della Moby e tra gli animatori dell’associazione dei familiari delle vittime: “La nostra speranza è prosegua gli accertamenti nella direzione già avviata dalla due precedenti, e approfondisca il possibile ruolo avuto nella vicenda di una terza nave la cui presenza quella notte è stata negata o coperta” spiega “Potrebbe essere la ’21 Oktobar II’ della Shifco, impegnata in traffici di armi e rifiuti” (che fu anche al centro delle indagini di Ilaria Alpi e Milan Rovatin, i giornalisti Rai uccisi 30 anni fa in Somalia). “Per la riapertura delle indagini si dovrebbe ipotizzare il reato di strage – osserva Chessa – speriamo che almeno si possa scrivere una pagina di verità dal punto di vista storico e politico”.