*
TOSCANA – I fiumi toscani mostrano una diffusa presenza di Pfas (poli- e per-fluoroalchilichi), sostanze di sintesi largamente usati in molti processi industriali e detti “inquinanti eterni” per la loro persistenza nell’ambiente. Non solo: in molti casi le loro concentrazioni a valle di alcuni dei principali distretti manifatturieri (tessile, cuoio, carta, florovivaistico), segno che i depuratori non riescono ad intercettarli. Tanto che in alcuni casi le concentrazioni sono molto elevate: nel comprensorio del cuoio il rio Malucco (290 nanogrammi / litro) e il torrente Usciana (4500 ng/l), il rio Calicino per il tessile pratese (241 nh/l), il rio Frissone nel comprensorio florovivaistico di Pescia (107,6). A rivelarlo è una indagine sul campo condotta a fine gennaio da Greenpeace, che conferma i dati già resi noti nell’ultimo rapporto Arpat sulle acque toscane, secondo cui i Pfas sono presenti nel 74% delle acque superficiali e nel 34% di quelle sotterranee.
“Gli effetti cancerogeni e sul sistema ormonale e immunitario dei Pfas sulla salute sono ormai noti – dice a Novaradio Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia – ma i Pfas non sono vietati. Alcune Regioni come Lombardia e Veneto hanno realizzato impianti speciali per la depurazione, in Toscana dove la presenza di Pfas è nota dal 2013 non è stato ancora fatto nulla”.