*
TOSCANA – No all’estrattivismo selvaggio del settore marmifero delle Apuane che depreda il territorio e impoversice le comunità, sì ad un diverso modello di sviluppo che coniughi rispetto dell’ambiente, qualità del lavoro, coinvolgimento dei territorio. E’ l’appello che rilanciano oggi da Firenze Legambiente Toscana, CAI Toscana e Arci Toscana di fronte ai rischi che incombono sull’area vasta del marmo. L’impatto delle 200 cave attive, di cui una settantina all’interno del Parco naturale delle Apuane, rischia di essere ulteriormente aggravato dalle previsioni contenute del Piano del Parco in discussione e dalle previsioni contenute nel Piano Cave della Regione Toscana, di cui viene chiesta una sostanziale revisione che preveda la chiusura dei siti in area protetta, la limitazione dello sfruttamento del territorio e dell’inquinamento.
“Va cambiata la narrazione: solo una frazione dello 0,8% del marmo estratto va all’artigianato artistico, il 75% diventa polvere di carbonato di calcio” per il settore chimico segnala Gabriele Tellini, presidente CAI Toscana: “Chiediamo di rivedere il piano cave proprio per limitare questo aspetto. Il piano cave prevede la estrazione di 47 milioni di metri cubi di montagna, è una politica che va cambiata”.
Tra le proposte delle tre associazioni la ridefinizione dei contingenti escavabili sulle Alpi Apuane in base alla sostenibilità dei suoi ecosistemi e alle capacità di lavorazione della filiera locale e della domanda dell’industria edilizia e delle esportazioni estere; superamento della generica definizione di “filiera locale” a favore di una descrizione che tenga conto soltanto delle produzioni artistiche e lapidee ad alta e buona occupazione escludendo edilizia e chimica; reale ed effettiva esclusione di ogni attività estrattiva nel Parco delle Alpi Apuane e conseguente chiusura delle escavazioni nelle cosiddette Aree Contigue di Cava; promuovere e incentivare processi socio-economici virtuosi di insediamento di nuove attività rurali e produzioni locali di qualità; piena riaffermazione delle proprietà pubbliche e collettive esistenti sulle Apuane e oggetto di usurpazioni; modifica normativa sulla gestione dei detriti, di cui è imperativo ridurre la quantità prodotta.
Il PIT aveva stabilito un massimo del 40% dei detriti, ma poi la politica ha smantellato tutto, ed è stato dato mano libera alle imprese, si ricorda. Per il presidente Legambiente Toscane Fausto Ferruzza la battaglia parte dal Parco delle Apuane: “Le prime avvisaglie del Piano integrato del parco parlano di arretramenti” sulla sua tutela: “Faremo una battaglia epocale ad ogni arretramento, vorremmo che almeno nel Parco si andasse verso una progressiva chiusura delle attività estrattive. Altra cosa sono le altre cave, ma ci vuole un prelievo più sostenibile. Bisogna immaginare con lavoratori, aziende e cittadini un novo modello socio economico”.
“Come ogni bene comune si deve ricercare un equilibrio tra estrazione che non diventi estrattivismo da cui vengono escluse le comunità e i loro interessi” aggiunge Simone Ferretti, presidente Arci Toscana: ’”‘è necessità di cambiare completamente modello tornando ad una estrazione dove dalla quantità si passa alla qualità, una filiera del marmo che dobbiamo contribuire a ridisegnare secondo un’idea di pianificazione democratica e partecipata, volta alla conservazione delle risorse e al sostegno dell’economia locale”.