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FIRENZE – Il 1° aprile prossimo aprirà la nuova moschea di Firenze. Non è un Pesce d’Aprile, ma la dead line su cui si è impegnata la comunità islamica fiorentina per il trasferimento dall’attuale sede – l’ex garage di borgo Allegri su cui da dicembre 2022 pende uno sfratto esecutivo, prorogato più volte (l’ultima venerdì scorso) – alla nuova sede: si tratta dei 500 metri quadri dell’ex filiale della Banca CR Firenze di via Martiri del Popolo, a poche decine di metri di distanza. Costo dell’operazione: 1,2 milione di euro. “Un 1 milione e 251 mila euro, tutti arrivati da donazioni della comunità fiorentina” precisa a Novaradio l’imam Izzedin Elzir, che assicura la totale trasparenza delle fonti di finanziamento. A sostenere il progetto sono stati i fedeli musulmani innanzitutto, ma anche cittadini fiorentini, sia laici e che religiosi. Addirittura 20 mila euro sono stati raccolti dalle parrocchie.
Adesso è corsa contro il tempo per finire i lavori: “Abbiamo due mesi, dobbiamo correre, ma i lavori da realizzare non sono molti”. Tra gli interventi da fare, l’allestimento delle due sale di preghiera – al pian terreno quella degli uomini, nel seminterrato le donne -, l’adeguamento dei servizi igienici, la realizzazione delle fontane per l’abluzione rituale: “A breve presenteremo un progetto al Comune per i lavori, ci stanno aiutando architetti e altri professionisti della nostra comunità” dice Izzedin.
L’apertura della moschea arriva in un momento particolarmente difficile per la comunità islamica per i riaccendersi del conflitto in Medio Oriente e il rischio di allargamento del conflitto, la tensione con Israele e il non semplice dialogo da tenere aperto con la comunità ebraica. Il tutto rinfocolato dalle polemiche sul divieto del Viminale di manifestazioni pro Palestina nel Giorno della Memoria: “Il governo si è messo in imbarazzo su questo chiedendo alla parte più debole di rimandare” le manifestazioni, osserva Izzedin: “La comunità palestinese italiana, per non mettere nessun imbarazzo, ha rimandato perché per noi la memoria è la memoria di tutti. Si deve ricordare per non ripetere. Purtroppo non siè ancora imparato che la memoria deve essere ogni giorno”.
E a proposito del console onorario d’Israele Marco Carrai, cui una petizione di oltre 10 mila firme chiede di dimettersi dalla presidenza dell Fondazione Meyer, per non aver mai espresso parole di vicinanza alle sofferenza che sta patendo la popolazione civile di Gaza per il contrattacco militare israeliano, dice: : “Con Marco ci consociamo da anni, c’è sempre stata stima e rispetto. Ma l’amicizia è una cosa, la politica un’altra. Chi quando viene ucciso un israeliano condanna i Palestinesi, e quando viene ucciso un palestinese non condanna Israele, non vede la realtà. O non vuole vedere la realtà. Dobbiamo avere il coraggio, quando viene uccisa una persone, a prescindere dalla fede e dalla nazionalità, di condannare chi fa l’uccisione. Capisco che non è facile, perché delle volte uno ha la veste di rappresentare una realtà” politica, aggiunge Izzedin: “Ma dobbiamo sapere che quello è uno strumento. L’obiettivo è rispettare la dignità dell’esser umano, vivo o morto”.