LIVORNO – Da giovedì scorso il termovalorizzatore del “Picchianti”, storico impianto alla periferia di Livorno che brucia i rifiuti della città labronica (e non solo) ha fermato i suoi forni su ordine dell’Arpat, che ha riscontrato irregolarità nei dati delle analisi dell’impianto, ed in particolare valori fuori norma per quanto riguarda la pericolosità delle scorie che sono il risultato della combustione. In attesa di una verifica ulteriore dei dati – che potrebbe impiegare però anche alcune settimane – i rifiuti vengono indirizzati verso gli impianti di trattamento della Versilia. “Può essere una stortura nei dati – ha commentato il sindaco Luca Salvetti – ma l’impianto è vetusto, ogni giorno rischia il fermo”. Ma la polemica politica giù infuria.
L’impianto, gestito da RetiAmbiente, brucia 60/65 mila tonnellate di rifiuti l’anno, “produce ogni giorno 30 tonnellate di scorie, pari al 20/25% del totale”, ha spiegato Raffaele Alessandri, direttore della società di igiene urbana Aamps, spiegando anche che per ogni giorno di chiusura si perdono circa 250 mila euro di introiti derivanti dallo smaltimento rifiuti. Del termovalorizzatore, attivo dagli anni ’70, si è più volte annunciato la chiusura: ha un’autorizzazione in scadenza ad ottobre prossimo, ma si sta valutando una proroga.
“E’ sospetto che i dati della analisi in questione risalgano a febbraio scorso e che la decisioni arrivi solo ora” dice a Novaradio Stefano Seghetti, coordinatore provinciale Comitato Zero Waste / Rifiuti Zero, che da anni si batte per lo smantellamento dell’impianto: “Pochi giorni fa si è aperta la conferenza dei servizi che deve decidere sulla proroga o meno dell”AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) in scadenza fra quattro mesi, e pochi giorni fa come Comitato abbiamo mandato una lettera segnalando una serie di irregolarità nella procedura”.
Il timore del comitato è che l’impianto, di cui è prevista la chiusura entro l’anno, venga tenuto aperto in una prospettiva di “revamping” in ossequio alle “best available practises” cui l’Ue chiede di adeguarsi entro fine anno: “Una spesa – aggiunge Seghetti – che si stima tra i 10 e 20 milioni di euro”. Tutto questo fino almeno al 2028, in attesa della realizzazione di un altro impianto, quello di “ossidocombustione” che si intenderebbe realizzare a Peccioli, e di cui proprio domani si presenterà il progetto. “Una tecnologia nuova ma che prevede comunque la combustione di energia tramite la combustione dei rifiuti e la produzione di scorie” spiega ancora Seghetti, spiegando che il coordinamento Zero Waste toscano ha già in calendario un appuntamento sanato prossimo a Capannori (LU) per fare “fact checking” e “smascherare” le bugie su questo tipo di impianti.