FIRENZE – “Bene che si attivino dei progetti che coinvolgano detenuti in attività socialmente utili fuori dal carcere, ma il loro lavoro deve essere retribuito”. E’ dura la critica che arriva dall’associazione “L’altrodiritto”, che da anni entra nelle carceri toscane e fornisce ai detenuti consulenza psicologia e legale, contro il protocollo d’intesa siglato nei giorni scorsi tra Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Toscana, Comune di Firenze e CNA per coinvolgere 20 detenuti del carcere di Solliciano in attività lavorative esterne che li porteranno a prendersi cura dei giardini e del verde pubblico comunale.
Il problema dell’inattività in carcere è drammatico perché porta a problemi di depressione che talvolta sfociano io atti di autolesionismo: a Solicciano solo 1 detenuto su 600 abbia attualmente un impiego esterno, e solo circa un quarto svolge attività varie all’interno del penitenziario. “Però il lavoro presuppone un salario” sottolinea Giuseppe Caputo dell’associazione: “Bene le attività per detenuti, ma devono essere pagati, come prevede la legge”. E la legge, ricorda Caputo, prevede che il compenso sia ridotto, che vada a coprire le spese di mantenimento in carcere, lasciando quel che resta alla disponibilità del detenuto. E a sostegno cita l’esempio di Roma, dove alcune cooperative sociali che pagavano i detenuti per le attività esterne sono state estromesse dagli appalti, e si sono sostituiti posti di lavoro retribuiti con forme di para-schiavitù”.