ROMA- Giorni decisivi, i prossimi, sulla vicenda del “caso Cospito”: sabato prossimo l’anarchico, ora detenuto al regime di carcere duro nel penitenziario milanese di Opera riceverà la visita del suo medico di fiducia. Domenica scade il termine entro cui il ministro Nordio può accogliere l’istanza di revoca del 41bis presentata dai legali di Cospito.
E mentre prosegue la protesta dell’anarchico – allo sciopero della fame da 110 giorni, e fermo nella sua intenzione di rifiutare alimentazione e integratori – si infiamma il dibattito sul quel che potrebbe succedere nel caso le condizioni di Cospito dovessero peggiorare. Secondo alcuni, in caso di perdita di coscienza, Cospito potrebbe essere intubato o sottoposto a alimentazione forzata tramite sondino gastrico o endovena, e che quindi possano configurarsi quelle condizioni in cui la legge italiana permette ai medici di non rispettare le dichiarazioni di trattamento (DAT) di un paziente.
Di opinione contraria la giornalista Chiara Lalli, che chiarisce come la questione sia fino a che punto una persona, già privata della libertà di movimento e comunicazione, possa esser privata della propria libertà di decidere sulla propria salute e quindi debba essere trattato diversamente, in questo, da una persona libera riguardo al fine vita. “Staremmo dicendo che tra le libertà che è gusto togliergli, c’è anche questa”. “Non è così facile – spiega – giustificare che perfino in una condizione di detenzione così dura non siano rispettate delle minima libertà. Una persona, seppure detenuta, è pur sempre una persona” con un suo spazio di decisione sulla “sua vita, in senso stretto”. “Togliergli anche questo piccolo spazio che gli è rimasto – aggiunge – va giustificato in modo più razionale, banalmente dicendo per il suo bene. Il paternalismo non è una buona giustificazione, perché lui ha deciso che il suo bene è diverso da quello che pensiamo noi”.
Lalli ricorda inoltre che le nuove norme sulle DAT, espresse da Cospito nel novembre scorso in un documento autografo consegnato al proprio legale, e una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha sanzionato come tortura l’alimentazione forzata di un detenuto, convergono in una sola direzione: le volontà di Cospito devono essere rispettate e nessun trattamento sanitario indesiderato – compresa l’alimentazione forzata – può essere adottata.